Review: LE VIN HERBE’ della Welsh National Opera

Review: LE VIN HERBE’ della  Welsh National Opera, a Plymouth in Inghilterra al Theatre Royal: Tristano e Isotta in una versione moderna di Frank Martin.

Natalia Di Bartolo © DiBartolocritic –


Atmosfere decisamente nordiche al Theatre Royal di Plymouth in Inghilterra, il 18 aprile 2017, per la messa in scena di Le vin herbé di Frank Martin, nuova produzione della Welsh National Opera, la cui prima risale al 1941 a Zurigo, e che offre un’inconsueta interpretazione musicale del racconto di Tristano e Isotta.

Le Vin herbé è la pozione d’amore che è stata preparata per favorire la riuscita del matrimonio tra Isotta e suo zio, il re Mark di Cornovaglia. Tristano è incaricato di scortare Isotta nel viaggio in nave, ma Brangien, la cameriera di Isotta, versa la pozione nei calici dei due giovani. I due divengono amanti e non sono più capaci di nascondere i loro sentimenti, anche se il loro amore significa tradimento alla corona. Da qui si snoda tutta la tragica vicenda che porta alla morte di entrambi.

Quella di dei due infelici amanti è una delle leggende più famose del Medioevo Europeo. Richard Wagner s’ispirò al romanzo del XII secolo scritto da Gottfried von Strassburg per comporre il proprio capolavoro omonimo.

L’opera in scena a Plymouth è congegnata dal Martin come una sorta di “oratorio mondano” che va al di là del pathos wagneriano e non ha molto in comune con l’opera del genio tedesco, soprattutto nella concezione strutturale: dove Wagner spinge al massimo le sonorità della grande orchestra, il Martin si serve solo di sette strumenti ad arco e un pianoforte.

La sua musica è ispirata innanzitutto alla musica sacra polifonica, con un coro narrante ed un testo in inglese, ma non si nega di aver colto qualche eco che ha riportato alla mente il coro iniziale di Roméo et Juliette di Charles Gounod, lì dove la compagine corale, nell’Opéra Français, racconta come antefatto la triste storia degli amanti veronesi.

Qui ci si è ispirati musicalmente anche a Debussy, però, con il suo Pelléas et Melisande e si sono ascoltati riferimenti alla musica dodecafonica di Schoenberg. L’ensemble di otto musicisti, condotto dal M° James Southall, era situato sul palco insieme agli interpreti ed eseguiva con competenza, quindi, una partitura assai complessa e dissonante.

Nei panni di Tristano e Isotta, il tenore Tom Randle e il mezzosoprano Caitlin Hulcup, che hanno impersonato con intensità gli amanti fatali e guidato un complesso di oltre quaranta cantanti, tra solisti e coro. Cantare quest’opera è impresa di improba difficoltà e vada dunque a tutti gli artisti il merito di aver reso la serata di alto livello.

Della regista Polly Graham la direzione di Le vin herbé. La scena di April Dalton era molto semplice, quasi monacale, con un soppalco nello sfondo, effetti fumogeni che creavano l’atmosfera, sottolineata da luci assi ben studiate e realizzate da Tim Mitchell e con costumi impersonali ma efficaci. I personaggi guidati dalla Graham si muovevano in un contesto quasi a-temporale, ma coinvolgente. Un’aura anche shakespeariana si respirava tangibile nell’insieme, che richiamava alla mente atmosfere marinare e boschive del Nord Europa.

Tra febbraio e aprile 2017, l’opera nazionale gallese ha portato questa produzione di Le vin herbé di Frank Martin in diverse sedi in Galles e in Inghilterra, riscuotendo vivo successo.

 

Natalia Di Bartolo © DiBartolocritic

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