“Lucia di Lammermoor” al Teatro delle Muse di Ancona

Ancona, Teatro delle Muse “Franco Corelli”– Stagione Lirica 2016
“LUCIA DI LAMMERMOOR”    
Dramma tragico in due parti e tre atti su libretto di Salvatore Cammarano, dal romanzo “The bride of Lammermoor” di Sir Walter Scott.
Musica di Gaetano Donizetti 
Lord Enrico Ashton GIORGIO CAODURO
Miss Lucia ZUZANA MARKOVA’
Sir Edgardo di Ravenswood FRANCESCO DEMURO
Lord Arturo Bucklaw SEHOON MOON
Raimondo Bidebent UGO GAGLIARDO
Alisa ANASTASIA PIROGOVA
Normanno MANUEL PIERATTELLI
Orchestra Sinfonica “G.Rossini”
Coro Lirico Marchigiano “V.Bellini”
Direttore Giuseppe Grazioli
Maestro del coro Carlo Morganti
Regia Federico Bertolani
Scene e Costumi Lucio Diana
Luci Michele Cimadomo
Nuovo Allestimento Fondazione Teatro delle Muse
Ancona, 23 Settembre 2016
La stagione lirica 2016 “Opera Ancona Jesi”, promossa ed organizzata dalla fondazione Teatro delle Muse e dalla Fondazione Pergolesi Spontini ha proposto il primo titolo dal tema “Amore, gelosia, tradimento, follia: ritratti di donna” con un nuovo allestimento della “Lucia di Lammermoor” di Gaetano Donizetti. Le scene cosi come i costumi di Lucio Diana ci portano in un’ atmosfera alquanto distopica, senza una continuità storica proiettando i tormenti e gli affanni dei suoi protagonisti in strutture che non hanno un riferimento né di luogo né di spazio, ma questi deducibili solamente dallo svolgersi del dramma; un limbo dove travi in movimento e scale sembrano un quadro di Esher. Ci troviamo forse già nella piena rappresentazione dell’insania della protagonista e in un pieno elogio alla follia. Poco aiutano alcuni drappi  straziati dalle guerre e dalle amarezze a coprire il vuoto di una mente e lo strazio di un’anima. Lucia conosce bene il suo animo ed è infatti la sola in scena che sembra muoversi con grande sicurezza nonostante il suo delirio. Sembra questo forse il filo conduttore della regia di Federico Bertolani  che fa della staticità di alcuni suoi personaggi la loro impossibilità di evoluzione in ogni direzione. Lucia continua dalla follia il suo percorso verso la morte esprimendo comunque un forte dinamismo sia espressivo che emotivo: intrisa di amarezza quasi nevrotica al limite dell’alienazione già nella fase dell’innamoramento, quasi presaga di uno scontato delirio nell’impossibilità di vivere a pieno quella felice situazione, fino ad essere dolente e rassegnata e flebile nelle scene finali dove cede ed abbraccia la  perdita del proprio senno. A Lucia non resta che fuggire dalla sua realtà prima attraverso la pazzia e, quando questa non basta, attraverso la morte. Compatibili con l’idea registica le luci di Michele Cimadomo che non possono che essere ovattate come obliata è la mente della protagonista.
Sul podio dell’Orchestra Sinfonica Gioacchino Rossini Giuseppe Grazioli che nella scelta dei tempi e delle dinamiche molto allargate e nella limitata gamma di colori e sfumature, ha steso un sottile velo di monotonia sulla partitura donizettiana così che anche l’orchestra nell’insieme è sembrata meno a suo agio nella resa del suono. Nel ruolo del titolo Zuzana Markovà giovane e sicura, che esibisce una voce chiara ed espressiva, sempre controllata in tutti i registri (forse solo un pò troppo nella prima parte) ma anche disponibile a realizzare scenicamente una Lucia di sempre centrata adesione al personaggio. La brava interprete affronta il ruolo puntando ad un canto basato sul nitore dei pianissimi attaccati con estrema precisione e ben rinforzati. L’acuto di forza, poi, è altrettanto definito: ed è una pioggia di re naturali e Mi bemolli piazzati come saette. Si aggiungano una certa scioltezza nelle agilità, in una linea stilistica alquanto varia, una piena corposità nei centri che fa pensare a ruoli meno leggeri ed un fraseggio sempre attento e curato, e allora si comprenderà l’entusiasmo del pubblico che le ha tributato un vero trionfo. Non meno calorosa l’accoglienza a Francesco Demuro, Edgardo all’italiana, dalla voce piena e ben timbrata elargita sempre con grande generosità e trasporto senza mai appiattire il dinamismo vocale e creando interessantissime sfumature anche interpretative. Delinea un personaggio non solo dominato dall’irruenza giovanile caratteristica questa dell’eroe romantico tout court, ma lo arricchisce con quella tenerezza e fragilità  raggiungendo nella commistione di questi elementi l’apice nella scena finale. In parte, pur con qualche riserva, l’Enrico  di Giorgio Caoduro. Sostanzialmente il buon timbro e la tecnica dell’interprete, uniti ad un intenso fraseggio, gli hanno permesso di terminare la recita tra dignitosi applausi da parte del pubblico. Resta però  un’interpretazione a tratti troppo monocorde. Appare, tuttavia, poco profondo nell’intenzione lirica e soprattutto nella prima parte non troppo preciso musicalmente. Ottime le intenzioni interpretative. Apprezzabile e certo mai in secondo piano il Raimondo di Ugo Gagliardo, dalla voce brillante e sempre ben proiettata. Forse meno presente scenicamente rispetto ai colleghi. Ottimo il tenore Manuel Pierattelli (Normanno) ed altrettanto sicuro e tenace Sehoon Moon (Lord Arturo). Musicalmente a fuoco Anastasia Pirogova (Alisa). Ben si è comportato il coro “Vincenzo Bellini” diretto dal maestro Carlo Morganti. Applausi a tutti gli interpreti e al direttore da un pubblico certo non numeroso ma soddisfatto.