Theater an der Wien: “Les contes d’Hoffmann”

Vienna, Theater an der Wien, Stagione Lirica 2011/2012
“LES CONTES D’HOFFMANN”
Opera fantastica in un prologo, tre atti ed un epilogo su libretto di Julies Barbier, dal dramma omonimo di Barbier e Michel Carré e da E.T.A.Hoffmann. Versione critica a cura di Michael Kaye e Jean-Christophe Keck.
Musica di Jacques Offenbach
Olympia MARI ERIKSMOEN
Giulietta ANGEL BLUE
Antonia JUANITA LASCARRO
La Muse, Nicklausse ROXANE CONSTANTINESCU
Stella MGDALENA ANNA HOFMANN
Une voix ANN-BETH SOLVANG
Hoffmann KURT STREIT
Spalanzani OLIVER RINGELHAHN
Nathanael JULIEN BEHR
Crespel, Luther PAVEK KUDINOV
Andres, Cochenille, Frantz, Pitichinaccio ANDREAS CONRAD
Lindorf, Coppelius, Dapertutto, Miracle ARIS ARGIRIS
Hermann, Schlemil MARTIJIN CORNET
Arnodl Schoenberg Chor
Wiener Symphoniker
Direttore Riccardo Frizza
Maestro del Coro Erwin Ortner
Regia William Friedkin
Scene Michael Curry
Costumi Herbert Murauer
Luci Mark Jonathan
Video Davide Broccoli
Nuovo allestimento
Vienna, 2 aprile 2012

E’ noto che Jacques Offenbach lasciò incompleta l’opera. Morì nel 1880, prima di vedere in scena i suoi Contes d’Hoffmann rappresentati nel 1881, in una versione molto ridotta a cura di Ernest Guiraud.  Successivamente si sono avute varie versioni fino a quella presentata per la prima volta a Vienna, curata da Michael Kaye che, con grande dedizione ha ricostruito con puntigliosa minuzia la musica originale di Offenbach, eliminando le interpolazioni arbitrarie. Una per tutte, la celebre aria di Dapertutto “Scintille Diamant” che il compositore e impresario Raoul Gunsbourg mise in musica prendendo un tema dell’ouverture de Le Voyage de la lune  e portò sulle scene di Montecarlo nel 1904. Al lavoro di Kaye si è ora agginto quello di Jean-Chrisophe Keck che aggiunto gli elementi pervenuti dagli ultimi manoscritti ritrovati a Parigi nel 2004. Una prima rappresentazione di grande interesse, questa al Theater an der Wien affidata per la parte musicale a Riccardo Frizza e quella visiva al  regista americano William Friedkin. L’autore del celebre Esorcista, avvalendosi delle scene, ma che che potremmo definire soprattutto suggestioni visive, di Michael Curry (celebre collaboratore del “Cirque du Soleil”) ha creato un spettacolo che ha perennemente oscillato tra kitsch e naturalismo estetico, da realismo talvolta banale che funge  come da punto di partenza verso il soprannaturale. Ogni episodio è caratterizzato da diversi tipi di elementi mistici. Friedkin punta la sua attenzione  sugli aspetti grotteschi dei racconti, creando così un contrasto tra il tono oscuro delle storie e la loro trasformazione musicale. La musica dei “Contes d’Hoffmann”, che è eccellente in tutto, mostra la brillantezza di magnifiche melodie francesi che si trasfigurano nel tono narrativo delle storie, che possiedono un carattere estremamente scuro, tetro e  soprannaturale comparabili ai racconti di Edgar Allan Poe o di Fëdor Dostoevskij.” (Friedkin)
Con questa premessa sulla scena vediamo situazioni realistiche, come Hoffmann che, in palco applaude Stella che canta il Don Giovanni,  le immagini suggestive di una Venezia,  con il Canal Grande, la nebbia, le gondele immerse in una cupa atmosfera nebbiosa, o la macabra marionetta che  rappresenta una sorta di doppio di Olympia,  o ancora  il cadavere in decomposizione in un letto che raffigura la madre di Antonia, mentre “la voix”  amplificata da un autoparlante, crea un effetto di oltretomba. Una regia che ha sicuramente colpito per “effetti speciali”, ma non per il lavoro sui singoli interpreti che agivano in un modo alquanto convenzionale.
Venendo alla  parte musicale, affidata a Riccardo Frizza  a capo dei  Wiener Symphoniker, ha offerto una lettura teatralmente molto animata, ma nel contempo poco brillante e soprattutto talavolta eccessivamente soverchiante nelle sonorità  a discapito delle voci. La celebre “barcarola” è parsa quanto mai opaca.  Il cast è stato complessivamente valido, anche se dominato dalle voci femminili. Bravissima Angel Blue, nei panni di Giulietta, avvolta in un sensuale abito rosso, oltre a essere una seduttrice visivamente perfetta, ha sfoggiato una voce coloristicamente ricca  e drammatica. Il soprano norvegese Mari Eriksmoen è stata una Olympia tecnicamente impeccabile. Ha cantato senza scivolare in eccessi caricaturali. Juanita Lascarro ha offerto una Antonia dolce e appassionata. Il timbro è caldo e intenso, anche se l’impegnativa tessitura della parte ha messo in luce qualche cedimento di intonazione. La Musa/Nicklausse di  Roxana Constantinescu non emerge per particolari qualità vocali. Il timbro è piuttosto anonimo, il fraseggio è accurato e interessante. Nei panni maschili di Nicklausse appare però un po’ troppo femminile.
Il protagonista, il tenore  Kurt Streit è stato un Hoffmann di bella linea di canto, peccato che la voce non appena affronti il registro acuto tenda a sbiancarsi. Al contrario di Arisi Argiris che, nei quattro ruoli demoniaci  (Lindorf, Coppélius, Le docteur Miracle, Le capitaine Dapertutto) ha mostrato un’evidente disagio in una tessistura di basso-baritone. I centri erano alquanto opachi e gutturali, compensati da un buono squillo del registro acuto. Sia Streit che Argiris sono stati gli interpreti più penalizzati da una assenza registica, che si è manifestata in un esargitato quanto inutile sbracciamento. Corrette la parti di fianco. Meritano una citazione: Andreas Conrad (Andrès, Cochenille, Frantz, Pitichinaccio ) e Oliver Ringelhahn (Spalanzani).  Successo caloroso ma senza grandi entusiasmi.
Foto Werner Kmetitsch – Theater an der Wien