L’ultimo Rigoletto di Franco Zeffirelli brilla in Oman
Foto: Royal Opera House Muscat

L’ultimo Rigoletto di Franco Zeffirelli brilla in Oman

di Simona Santoni

Produzione postuma, debutta in prima mondiale presso la Royal Opera House di Mascate. Il figlio adottivo Pippo Zeffirelli: «Sarà uno spettacolo bellissimo. Che emozione che la sua creatività viva ancora oggi»

L’eredità di Franco Zeffirelli, esteta raffinato ed esigente, pulsa ancora vivissima. Ed è ponte tra culture, dall’Italia, patria dell’opera lirica, all’Oman, Paese fiabesco che guarda il Mar Arabico, dove debutta oggi in prima mondiale il Rigoletto di Giuseppe Verdi firmato dal maestro Zeffirelli. Un evento nell’evento, per inaugurare la stagione del decimo anniversario della Royal Opera House di Mascate.

La nuova produzione di Rigoletto è frutto di un pensiero portato avanti da Zeffirelli nell’arco di molti anni. Un progetto iniziato, poi interrotto e ripreso poco prima della sua morte nel 2019, per arrivare a un definitivo compimento grazie alla volontà della Royal Opera House Muscat e del suo direttore generale e artistico Umberto Fanni, che hanno preso su di sé l’onore e la responsabilità della messa in scena finale, in coproduzione con Fondazione Arena di Verona e con il Lithuanian National Opera and Ballet Theatre.

Umberto Fanni e Franco Zeffirelli
Foto: Pierluigi DiPietro
Umberto Fanni e Franco Zeffirelli al lavoro sul Rigoletto

«Sarà uno spettacolo bellissimo, vedrete», ci anticipa Pippo Zeffirelli, uno dei due figli adottivi del regista e scenografo cinematografico, teatrale, operistico. «È una rappresentazione postuma che fa rivivere l’arte di Zeffirelli: non può che essere toccante e importante per noi, che siamo la sua famiglia, vedere che la sua creatività vive ancora oggi».

Con Rigoletto è come se un cerchio si chiudesse: un decennio fa circa, infatti, nel 2011, la Royal Opera House Muscat iniziò la sua storia, in occasione dell’inaugurazione del teatro, con la Turandot  proprio di Zeffirelli. Allora il sultano Qaboos bin Said al Said, morto nel 2020, conferì al regista fiorentino “The Order of Oman, First Class”, la più alta onorificenza del Sultanato. Terra di sabbie, coste e vallate mozzafiato, l’Oman, in Medio Oriente, si distingue come oasi di cultura, pace e incontro.

In Italia potremo vedere il Rigoletto di Franco Zeffirelli su Rai 5, il 28 gennaio. La bacchetta che dirige è di Jan Latham-Koenig. A Leo Nucci il ruolo di Rigoletto.

Royal Opera House di Mascate
Foto: Royal Opera House Muscat
La Royal Opera House di Mascate

Pippo Zeffirelli, che è presidente della Fondazione Zeffirelli e ha guidato anche l’allestimento di una mostra sulla vita e il lavoro del padre appena inaugurata alla Royal Opera House of Musical Arts di Mascate (in corso fino al 20 marzo 2022), dall’Oman ci racconta Franco Zeffirelli e il suo ultimo progetto.

Rigoletto è l’ultimo allestimento concepito da Franco Zeffirelli e il risultato di un pensiero portato avanti nell’arco di molti anni. Ci racconta la sua genesi?

«Per me è un’emozione enorme ritrovarmi in Oman dopo l’inaugurazione avvenuta più di dieci anni fa con la Turandot, che fu una produzione straordinaria, un successo enorme. Da allora avevano chiesto a Zeffirelli di realizzare un’altra opera. Poi sono passati alcuni anni… In realtà lui aveva già preparato e disegnato questo Rigoletto, tra l’altro il quarto della sua carriera dopo quelli di Genova, Inghilterra ed Amsterdam, ma dal punto di vista visivo e scenografico questo è indubbiamente il più bello, perché è il Rigoletto degli anni maturi. Era l’ottobre del 2017 quando la ministra della Cultura omanita a Roma, alla villa sull’Appia, fece l’annuncio di questo progetto.
Viste le sue condizioni fisiche, Zeffirelli lo aveva già preparato insieme ai suoi assistenti, con Maurizio Millenotti per i costumi, con lo scenografo Carlo Centolavigna con cui ha collaborato negli ultimi trent’anni, con Stefano Trespidi aveva abbozzato gli appunti di regia».

I costumi sono stati realizzati dalla Sartoria Farani di Roma, sul palco ci saranno Orchestra e Coro della Fondazione Arena di Verona. Le scene sono state costruite nei laboratori veronesi e in quelli di Tecnoscena di Tivoli per la parte in vetroresina, cifra immancabile dell’estetica zeffirelliana. Questo Rigoletto è un emblema del made in Italy.

«Assolutamente sì, è stato costruito quasi tutto in Italia e portato qui in Oman come si fece anni fa con la Turandot. Stiamo esportando l’arte italiana, in particolare l’opera che è la bandiera che ha portato l’Italia nel mondo. Riproduciamo la nostra cultura in un Paese che fa grandi sforzi, anche dal punto di vista economico, per educare i suoi cittadini a questo gusto».

Rigoletto di Zeffirelli
Foto: Royal Opera House Muscat
Un bozzetto del Rigoletto di Zeffirelli

Zeffirelli si sentiva un po’ straniero in Italia: questo allestimento sarà riproposto anche da noi?

«Sì, passerà sicuramente da Verona, credo che arriverà anche in Russia perché ci sono già degli accordi, farà diverse tappe».

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«Sì, era una convinzione di Zeffirelli, condivisa con lo scomparso sultano Qaboos bin Said al Said. Siamo orgogliosi che la sua ricca eredità continui a rafforzare i legami culturali tra le nazioni».

Rigoletto è un’opera cara a Zeffirelli. Ed è anche una delle più politiche di Verdi, di denuncia contro il potere e contro gli abusi nei confronti dei deboli. Rigoletto, buffone di corte, alla fine è il personaggio più nobile. Quanta attualità c’è ancora?

«Dal punto di vista politico credo che certe citazioni e situazioni non cambieranno mai. Il potere è sempre stato rappresentato, in tutte le epoche, sin da Abele e Caino, dall’inizio della storia dell’uomo. E certa impostazione sociale non muterà mai, purtroppo. Il Rigoletto però per certi versi ci indica anche la vittoria morale del bene sul potere, cosa che avviene raramente; il potere soffoca, ma ogni tanto ci sono simili personaggi che riescono per un attimo ad alzare il loro stendardo».

Mascate
Foto: Getty Images/Tuul & Bruno Morandi
La città vecchia di Mascate, Oman

Mascate, capitale omanita (in inglese Muscat), è una città affascinante: alle spalle roccia asciutta, davanti edifici belli e bianchi vista mare. Sembra quasi avere una connessione con il maestro Zeffirelli, carattere spigoloso e gusto raffinato. Che legame aveva con la città?

«Siamo venuti qui per la prima volta prima dell’evento inaugurale della Turandot. Mascate è una città strana, bella, indubbiamente affascinante. Quando si arriva in Oman sembra quasi di trovarsi in California, a Los Angeles: strade enormi, luoghi molto puliti, gente educata e calma. Il clima è straordinario, eccetto per il periodo estivo che è soffocante con temperature sui 50 gradi. Ora ci troviamo in primavera inoltrata. Zeffirelli si trovò bene qui, anche se era in un periodo particolare della sua vita, perché non stava bene fisicamente. Ha affrontato quegli anni con molta fatica e con una grande volontà di proseguire.
Ha portato avanti il suo discorso artistico fino alla fine dei suoi giorni. Detestava l’idea di morire. Diceva: “Non ho ancora finito il mio ciclo, ho tante cose da fare”. L’idea che la morte si avvicinasse per lui era terribile. Gli ultimi giorni, quando ha capito che stava finendo tutto, era molto arrabbiato con il mondo. Due giorni prima che morisse, eravamo in giardino a Roma e si guardava attorno perché adorava quel posto, il verde, i fiori, e mi diceva: “Pippo caro, ben presto non avrò più la possibilità di godere di tanta bellezza”. Fino all’ultimo sospiro, ammirava la bellezza».

Ripercorrendo la carriera cinematografica e operistica di suo padre, quale dei suoi lavori ama di più?

«Sono  siciliano, cresciuto ad Agrigento, dove la lirica non arrivava molto. Grazie al maestro Zeffirelli ho quindi scoperto un mondo straordinario. La prima volta che sono andato all’opera per una sua produzione è stata un’emozione meravigliosa: era la Carmen di Vienna, nel 1978, Kleiber dirigeva e Domingo cantava, con l’orchestra dello Staatsoper, una delle migliori al mondo. È stata una rivelazione magnifica. Ho avuto la fortuna di far parte di quella che è stata la vita del maestro in giro per il mondo, di conoscere grandi attori, Hollywood, cantanti e direttori d’orchestra. Tra i film, quello che mi ha appassionato di più è Otello, con tre cantanti straordinari, Justino Díaz, Plácido Domingo e Katia Ricciarelli: ancora oggi lo rivedo con grande sorpresa.
Al suo fianco ho fatto l’aiuto regista ed è stata un’esperienza unica: lavoravamo come dei matti, giravamo sei giorni alla settimana. Tutto era sulle sue spalle ma si divertiva molto, amava il suo lavoro. Era un perfezionista: dai costumi alle luci al trucco, curava tutto lui. Quando preparava Fratello sole, sorella luna, la tosatura di San Francesco fu abbastanza complicata: allora si mise lui con la macchinetta e le forbici a tagliare i capelli e ha insegnato ai parrucchieri come la voleva. Per lui i dettagli erano fondamentali. Litigava con tutti, ma alla fine aveva sempre ragione perché ne sapeva più di tutti, anche più dei grandi collaboratori».

Royal Opera House di Mascate
Foto: Royal Opera House Muscat
Vista aerea della Royal Opera House di Mascate