Recensioni - Opera

Milano: Splende ancora di bellezza "Il ratto dal serraglio" di Strehler

In Scala ritorna Die Entführung aus dem Serail composta nel 1782 da Wolfgang Amadeus Mozart e ritorna con l'allestimento storico di Giorgio Strehler, ripreso con grande garbo e rispetto da Laura Galmarani.

Lo spettacolo nacque per il Festival di Salisburgo nel 1965, poi venne ripreso a Firenze e dal 1972 è stabile alla Scala. C'è da dire che è uno dei gioielli del maestro e a distanza di anni non ha perso minimamente la sua freschezza e la sua poeticità.

Le scenografie di Luciano Damiani sono una serie di quinte che si alternano, con richiami orientali che si appoggiano a colori pastello tra ocra e celeste chiaro. lo sfondo è dominato dal mare e dalla barca dei Corsari in continuo movimento. Suoi anche i bellissimi e raffinati costumi in stile settecentesco.

Ma quello che rende ancora più efficace il Singspiel è il suggestivo gioco di luci curato da Marco Filibeck. Durante i dialoghi i protagonisti sono in piena luce e i movimenti mimici di Marco Merlini (che interpreta egregiamente il servo muto) richiamano la commedia dell'arte. Invece nelle arie e nei duetti sul proscenio vengono esaltati i contorni delle figure con delle silhouette in controluce sul pvc bianco per creare di più il senso di intimità.

Thomas Guggeis allievo di Barenbhoim e suo assistente musicale alla Staatsoper di Berlino ha diretto con grande professionalità l'orchestra del teatro. Gesto sicuro, a mani nude e senza bacchetta ha trovato i colori, i tempi misurati, i giusti contrasti, le raffinatezze, le variazioni, la dolcezza di una partitura dove l'orchestrazione non è ancora complessa, come nella trilogia dapontiana e senza perdere mai di vista le voci sul palco.

Preciso e brillante il coro della Scala diretto per l'occasione dal maestro Giorgio Martano e arricchito dalle voci soliste di Roberta Salvati, Alessandra Fratelli, Luigi Albani, Giuseppe Capoferri.

Jessica Pratt la conosciamo bene per la sua classe e la sua interpretazione di Kostanze è stata una vera lezione di canto. La voce è omogenea, sicura, pastosa e si muove con estrema facilità in tutti i registri. L'aria "Ach ich liebte, war so Glücklich” nel primo atto è ben fraseggiata, nel recitativo e nell'aria "Welcher Wechsel herrscht in meiner Seele - Traurigkeit ward mir zum Lose” del secondo atto emergono interessanti sfumature e una dolente intensità. Ma è con l’aria “Martern aller Arten" che riceve un'autentica ovazione dalla sala, merito degli acuti di purezza cristallina e da un sicuro controllo nelle agilità. Anche scenicamente è risultata molto credibile, come si è visto nei duetti e nei quartetti.

Nonostante l'annunciata indisposizione, il tenore Daniel Behle ha convinto pienamente con il suo rifinito Belmonte. Timbro chiaro, pulito, buon fraseggio ed eleganza scenica. Risolve senza problemi sia l’aria di sortita “Hier soll ich dich denn sehen”, che “Ich baue ganz auf deine Stärke” al terzo atto.

Peter Rose è un eccentrico e perfetto Osmin. Un vero vulcano di simpatia, con goffi movimenti e una voce corposa che nei gravi risulta meno decisa. Ben riuscita l'aria "O, wie will ich triumphieren" nel terzo atto.

Altra sorpresa del cast è il soprano Jasmin Delfs che ha interpretato brillantemente la cameriera Blonde. Una vocalità alquanto affascinante che sfoggia con acuti limpidi e squillanti nell’aria “Durch Zärtlichkeit und Schmeicheln” del secondo atto.

Non è da meno il Pedrillo di Michael Laurenz, che si muove in maniera agile sulla scena, con una buona tenuta dei fiati nell’aria “Frisch zum Kampfe! Frisch zum Streite!" e tratti di delicatezza nella romanza “In Mohrenland gefangen war".

Bravissimo l'attore Sven-Eric Bechtol nella parte recitata del Pascià Selim, caratterizzata da un'autoritaria dizione ben scolpita.

Teatro affollato, quasi da sold out, che ha risposto con applausi prolungati ad uno spettacolo riuscito sotto ad ogni aspetto, che ancora regala magia e che riporta la Scala alla grandezza del suo nome.

Vivo successo per Jessica Pratt, Peter Rose e per il maestro Thomas Guggeis.

Marco Sonaglia