Recensioni - Opera

Don Carlo alla Scala, cambia la compagine femminile

Giunge alla penultima recita il Don Carlo scaligero che ha inaugurato la nuova stagione, lo scorso 7 dicembre

Della regia di Lluis Pasqual se n'è parlato a lungo nelle scorse settimane e la sera della prima ha ricevuto qualche contestazione.

Bisogna ribadire che lo spettacolo è chiaramente statico, con poca drammaturgia, infatti i cantanti sembrano semplici comparse, dove ogni singolo cerca di dare la propria interpretazione, anche le masse risultano immobili e lo dimostra un autodafé abbastanza sottotono.

Le scene imponenti di Daniel Bianco sono incentrate sulla torre d'alabastro che si apre e si chiude (anche con un leggero rumore, che ogni tanto disturba) , arricchite dalle proiezioni di Franc Aleu e dalle luci notturne di Pascal Mérat. I lussuosi costumi che portano la firma prestigiosa di Franca Squarciapino privilegiano il nero e il dorato.

Riccardo Chailly dirige una grandissima orchestra, sempre all'altezza del proprio nome. Il direttore scava e ricerca le tinte chiare e oscure di una delle partiture verdiane più affascinanti, lo si capisce dalle iniziali battute degli ottoni o dagli splendidi tappeti degli archi. I volumi orchestrali sono molto sostenuti, fortunatamente i cantanti si trovano spesso al confine della buca del suggeritore e quindi non risultano coperti. I tempi tendono al lento, ma nel complesso la tavolozza armonica risulta affascinante e potente. In stato di grazia il magnifico coro, diretto con cura certosina dal maestro Alberto Malazzi, che ha letteralmente riempito il teatro, nei suoi numerosi interventi.

Per quello che riguarda il cast vocale, partiamo dalle new entry. Maria Josè Siri ha tratteggiato una convincente Elisabetta di Valois. Il soprano possiede un valido mezzo vocale e si muove con disinvoltura nel registro medio-alto. Una performance in crescendo, che raggiunge l'apice con "Tu che le vanità" , eseguita con sicurezza.

Veronica Simeoni è una valida principessa d'Eboli. Il timbro, non particolarmente scuro, è sempre interessante e ben dosato. Buona la canzone del velo al primo atto, ancora più incisiva l'aria "O don fatale" del terzo atto, grazie anche ad un'efficace presenza scenica.

Di Michele Pertusi (dopo i grandi successi di Modena, Piacenza e Reggio Emilia) possiamo solo aggiungere che ogni singola parola è scolpita con vigore e nobiltà, ogni gesto scenico è curato con intelligenza e la voce brunita tocca le corde dell'anima. "Ella giammai m'amò" è una lezione di alta classe e gli applausi lo confermano.

Francesco Meli da anni ha scelto un repertorio più pesante, che non sempre si addice alla sua vocalità.La tessitura del Don Carlo è alquanto insidiosa e in alcuni momenti si sente qualche affaticamento. Il tenore però ha mestiere, il canto è sempre elegante, accompagnato da un bel fraseggio e da un sentito trasporto nel cesellare l'anima tormentata del protagonista.

Luca Salsi ci propone un Rodrigo robusto e incisivo, con minor finezza di quella che il personaggio dovrebbe avere. Però ha una voce rotonda, con un'emissione morbida, una potenza negli acuti, e una particolare attenzione alla parola scenica. Di grande impatto la morte del suo personaggio al terzo atto.

Jongmin Park è il grande inquisitore e un frate. La voce è possente, più solida in alto e meno corposa in basso, ma il risultato finale è più che soddisfacente. Valido anche il resto del cast con Il frate (Carlo V) di Huanhong Li, Elisa Verzier (Tebaldo), Jinxu Xiahou (Il conte di Lerma / Un araldo reale), Chao Liu, Wonjun Jo, Huanhong Li, Giuseppe De Luca, Xhieldo Hyseni, Neven Crnić (Deputati fiamminghi).

Menzione a parte per Rosalia Cid, una splendida e cristallina voce dal cielo, come raramente è capitato di ascoltare.

Teatro sold out e numerosi applausi a fine recita, con ovazioni per Salsi e Pertusi.

Marco Sonaglia