Don Carlo versione preparata dall’autore per Teatro alla Scala, ridotta in 4 atti e in italiano
Musica di Giuseppe Verdi

Filippo II      Michele Pertusi
Don Carlo    Francesco Meli
Rodrigo     Luca Salsi
Il grande inquisitore       Jongmin Park
Un frate     Jongmin Park/Huanhong Li
Elisabetta di Valois   Maria José Siri 
La principessa Eboli        Veronica Simeoni
Tebaldo   Elisa Verzier
Il conte di Lerma / Un araldo reale  Jinxu Xiahou
Voce dal Cielo   Rosalia Cid
Deputati Fiamminghi     Chao Liu, Wonjun Jo, Huanhong Li
Giuseppe De Luca, Xhieldo Hyseni,   Neven Crnić

Direttore    Riccardo Chailly
Regia     Lluis Pasqual
Scene   Daniel Bianco
Costumi   Franca Squarciapino
Video    Franc Aleu
Luci        Pascal Mérat
Movimenti coreografici    Nuria Castejòn
Maestro del Coro            Alberto Malazzi

Orchestra e Coro del Teatro alla Scala

Verdi è molto presente nelle inaugurazioni di stagione e recentemente abbiamo visto Giovanna d’Arco, Attila e Macbeth. Don Carlo è opera simbolo del 7 dicembre con più edizioni memorabili.  Riccardo Chailly stima molto questo capolavoro della maturità del compositore, che ha diretto ad Amsterdam pochi anni fa. L’adesione al testo schilleriano è molto profonda, ciò non avvenne con Giovanna d’Arco dove Solera si allontanò troppo dal dramma tedesco. Masnadieri è una opera con un libretto aderente a Schiller ma poco operistico e molto statico. Meglio l’adesione a Schiller nella Luisa Miller sebbene il personaggio di Federica risulti falsato. Con il Don Carlos parigino i due librettisti fecero invece un lavoro mirabile e tutti i protagonisti emergono perfettamente. L’opera dal titolo Don Carlos venne  composta per Parigi e nel 1866 durante le prove aveva una durata di 4 ore di musica.

Verdi fu costretto a tagliare 30 minuti di musica che  50 anni fa è emersa dall’autografo. La versione originaria prima dei tagli può essere ascoltata nei 4 CD di Opera rara o su un DVD di una versione viennese. Molti anni dopo Verdi riadatta l’opera per la Scala eliminando il primo atto e facendo molti aggiustamenti per aumentare la tensione drammatica. Un lavoro certosino che trasforma il grand-opéra in una opera italiana a forti tinte e particolarmente coesa. Tullio Serafin, Arturo Toscanini, Claudio Abbado e Riccardo Muti hanno eseguito questa opera il 7 dicembre. Lluís Pasqual in questa produzione non ha brillato in fantasia, con lo stesso impianto scenico per tutti e 4 atti. Una scena cupa con un cilindro centrale che si apre e chiude, un retablo dorato per il 2 atto e poche altre invenzioni. Bellissimi i costumi storici, veramente ricchi e fedeli all’epoca ideati da Franca Squarciapino.


Filippo II è Michele Pertusi, in perfette condizioni vocali il 30 dicembre, dopo la faringite del 7 dicembre scorso. Superlativa la sua aria “Ella giammai m’amò”, ma in generale tutti gli interventi sono stati di gran classe. La voce profonda e calda di Pertusi è una vera e propria istituzione. E’ stato chiamato per questa produzione solo all’ultimo momento per sostituire René Pape. Don Carlo è Francesco Meli che abbiamo sentito più volte in queste recite. In alcune non era al top della forma con alcuni acuti un po’ difficoltosi. La recita del 30 dicembre è stata la sua migliore: bel timbro rotondo e notevole slancio nelle arcate melodiche. Canta la prima aria dell’opera venando tutto di malinconia per l’amata perduta. Incisivo il duetto con Rodrigo, Luca Salsi, baritono presente il 7 dicembre da vari anni. Salsi è in condizioni vocali perfette ed è elegante nel terzetto con Eboli e Elisabetta.  Molto applaudita l’aria nel terzo atto, una “morte” veramente partecipata, una esecuzione da manuale. Elisabetta di Valois è il 30 dicembre Maria José Siri di vocalità ben diversa dalla Netrebko. La Siri è un soprano lirico e brilla in questo ruolo. La Netrebko aveva un registro centrale troppo grave per la parte, mentre la Siri riesce nei due duetti con Don Carlo a tessere un canto immacolato. Bellissimo “Tu che le vanità”, molto intenso.

La principessa Eboli è Veronica Simeoni, che fraseggia molto bene e rende comprensibile ogni parola al contrario della sua omologa lituana. Intenso “O don fatale” e spigliata la Canzone del velo. Il grande inquisitore è Jongmin Park, una sostituzione all’ultimo momento il 7 dicembre, poiché il precedente inquisitore ascoltato nelle prove era davvero pessimo, forse per una indisposizione. Ottimo il duetto di Park con Filippo II una gara tra basi. Park canta anche la parte del frate/Carlo V, parte prevista per lui fin dall’inizio. Un cast ben affiatato dunque.
La direzione di Chailly è molto meditata e concentrata con tempi non troppo veloci, che assecondano appieno le voci. Coro in stato di grazia. Un Don Carlo che avrebbe meritato una regia più varia e originale.

Fabio Tranchida