Genova, Teatro Carlo Felice: “Norma”

Genova, Teatro Carlo Felice, Stagione lirica 2022-2023
 NORMA
Tragedia lirica in due atti su libretto di Felice Romani
Musica 
Vincenzo Bellini
Norma VASILISA BERZHANSKAYA
Adalgisa CARMELA REMIGIO
Pollione 
STEFAN POP
Oroveso ALESSIO CACCIAMANI
Clotilde SIMONA DI CAPUA
Flavio BLAGOJ NACOSKI
Orchestra e Coro dell’Opera Carlo Felice Genova in collaborazione con la Scuola di Teatro di Bologna Alessandra Galante Garrone.
Direttore Riccardo Minasi
Maestro del Coro
Claudio Marino Moretti
Regia Stefania Bonfadelli 
Scene
Serena Rocco
Costumi 
Valeria Donata Bettella
Luci Daniele Naldi
Coreografia Ran Arthur Braun
Nuovo Allestimento della Fondazione Teatro Carlo Felice di Genova in coproduzione con Fondazione Teatro Comunale di Bologna
Genova, 5 maggio 2023
Lo spettacolo del Teatro Carlo Felice di Genova, fatti salvi gli interpreti musicali, è il medesimo che si è visto a Bologna in marzo. Pur con delle riserve sull’impostazione di continua violenta conflittualità tra gruppi, peraltro di difficile identificazione, è molto apprezzabile la realizzazione, tecnicamente inappuntabile, della scenografa Serena Rocco, resa oltremodo suggestiva dalle luci cangianti di Daniele Naldi. Qualche dubbio sui costumi di Valeria Donata Bettella che, forse volontariamente, rendono indistinguibili le due fazioni in lotta. Risibile poi il piviale papale che riveste Norma quando prega la luna e quando macella, troncandogli di netto il capo a colpi di coltellaccio, un fantoccio di pecora. Il focus registico sulla violenza è coadiuvato dalle bellicose coreografie di Ran Arthur Braun che ben sanno approfittare della verve giovanile degli allievi della Scuola di Teatro di Bologna Alessandra Galante Garrone. Scontata questa impostazione unidirezionale della regista Stefania Bonfadelli, non si può non lodarne la coerente e realizzazione di alta professionalità. Non è comunque facile passar sopra all’invisibilità quasi assoluta dei figli e alla presenza di giocattoli, palloni ed aquiloni, che malamente avrebbero potuto mantener celato il segreto della maternità della sacerdotessa, presunta vergine. In generale l’affetto materno di Norma, dalla regia della Bonfadelli, viene trascurato o messo in secondo piano.
Ha molto stupito ed allarmato parte del pubblico il taglio corrusco e combattivo che Riccardo Minasi ha dato alla sinfonia. Clima che si è protratto, per tutte le scene di scontri, con brusche secchezze e timbri crudi di fiati e percussioni. Altrettanto hanno stupito gli estenuanti allargamenti delle parti più liriche, Casta diva ha così goduto di un meraviglioso coprotagonismo dello strumentale. Minasi, oltre ad essere il direttore di queste recite e Direttore Musicale dell’Ente genovese, è autore, con Maurizio Biondi, dell’edizione critica di Norma edita, una decina d’anni fa, da Bärenreiter. Sono stati riaperti tutti i tagli, ripresi e variati tutti i da-capo, sicuramente in accordo con gli interpreti c’è stata l’inserzione de abbellimenti in stile. Se qualche dubbio ha suscitato la concertazione, crediamo lo si debba attribuire all’assuefazione agli ascolti di tradizione e quindi ad una impreparazione a quanto deriva dall’autenticità dello scritto e dal ritorno alla prassi ottocentesca. L’Orchestra del Carlo Felice e i suoi solisti hanno aderito compatti alle sollecitazioni di Minasi; così come l’impegnatissimo Coro, vigile ed attivo grazie alla sollecita guida del maestro Claudio Marino Moretti. Vasilisa Berzhanskaya è una Norma dalla doppia faccia, se nelle parti cantabili e liriche fa valere lo splendido strumento dai cangianti colori e dagli armonici infiniti, nei recitativi, alla ricerca dell’incisività che non gli viene dalla padronanza della lingua, iscurisce eccessivamente il timbro tanto da trasformarsi in una virago dall’eloquio generico e poco incisivo. Il recitativo d’avvio Sediziose voci ne sortisce generico e maldestro. Casta Diva, applauditissima, e la successiva Ah bello a me ritorna, sono viceversa condotte con un pianissimo spettacolare. Così pure il Dormono entrambi e il Deh non volerli vittime finale. Mostra sempre una inusitata prevalenza negli insiemi e nei duetti che risultano sbilanciati a sfavore di una Adalgisa che soffre nel confronto. La voce sopranile di Carmela Remigio, peraltro raffinata e testimone di una professionalità, non solo scenica, di primo livello offre un debole contrasto all’effluvio degli armonici della rivale. La stessa Remigio risulta efficacissima quando, con il suo chiaro e penetrante timbro sopranile, si confronta col tenorismo stentoreo di Stefan Pop. Quest’ultimo, voce possente, vaga alla ricerca di una corretta scelta stilistica, sospeso com’è tra romanticismo e verismo. Anch’egli si impegna, con risultati non trascurabili, a riprendere e variare il Meco all’altar di Venere. Evita le puntature all’acuto di tradizione, pur se il bel metallo e lo studio parrebbe consentirgliele. Alessio Cacciamani è un Oroveso, dal timbro molto chiaro, che fa bene la sua parte di padre, prima aizzatore, poi indignato e finalmente rassegnato. La bella figura, la disinvoltura sulla scena e la convinzione nel porgere la frase non fanno desiderare di avere altro Flavio che il macedone Blagoj Nacoski. Professionalmente efficaci gli interventi della Clotilde di Simona Di Capua. Teatro strapieno, entusiasmo non frenato, applausi ai singoli e a tutti: positiva serata per la recita e per il Carlo Felice.