Staatsoper Stuttgart: “Juditha Triumphans”

Staatsoper Stuttgart, Stagione Lirica 2021/22
“JUDITHA TRIUMPHANS”
Sacrum militare oratorium su libretto di Jacopo Cassetti, dalla Bibbia.

Musica di Antonio Vivaldi
Juditha RACHAEL WILSON

Holofernes STINE MARIE FISCHER
Vagaus DIANA HALLER
Abra GAIA PETRONE
Ozias LINSEY COPPENS
Staatsorchester Stuttgart, Coro femminile della Staatsoper Stuttgart
Direttore Benjamin Bayl
Maestro del coro Bernhard Moncado
Regia e scene Silvia Costa
Costumi Laura Dondoli
Luci Bernd Purkrabek
Drammaturgia Franz-Erdmann Meyer-Herder, Antonio Cuenca Ruiz
Stuttgart, 16 gennaio 2022
Nel marzo 2020, la nuova produzione della “Juditha triumphans” di Vivaldi programmata dalla Staatsoper Stuttgart fu bruscamente fermata dal lockdown subito dopo la prova generale. Ventidue mesi dopo, l’allestimento ha potuto finalmente essere presentato al pubblico, con un cast vocale leggermente cambiato e un diverso direttore rispetto alla compagnia originariamente prevista. Credo che la prima lode in questo resoconto della serata si debba fare al pubblico di Stuttgart, che nonostante le assurde limitazioni poste da una politica completamente priva di senso e che si basa solo su provvedimenti simbolici, ha riempito completamente la capienza ridotta del teatro. Sotto questa prospettiva, la serata ha dimostrato una volta di più che la cultura è irrinunciabile e che la voglia di ascoltare musica è più forte degli ostacoli continuamente posti dal governo del Baden-Württemberg al funzionamento delle istituzioni teatrali e musicali.
Juditha triumphans devicta Holofernis barbarie (Giuditta trionfante sui barbari di Oloferne), RV 644, è un oratorio di Antonio Vivaldi, l’ unico sopravvissuto dei quattro che si sa abbia composto il musicista veneziano. Sebbene il resto dell’ oratorio sia giunto a noi completamente intatto, l’ ouverture è andata perduta. Il libretto, in latino, fu scritto da Iacopo Cassetti sulla base del Libro biblico di Giuditta.
La data esatta della composizione e dell’ esecuzione della Juditha non è nota, ma sicuramente quest’ opera fu concepita come una descrizione allegorica della vittoria dei veneziani (i cristiani) sul Turchi nell’ agosto del 1716. L’ opera fu commissionata per celebrare la vittoria della Repubblica di Venezia sui Turchi durante l’ assedio di Corfù: nel luglio 1716 i Turchi erano sbarcati a Corfù e assediavano l’ isola. La popolazione resistette all ‘occupazione e, in agosto, Venezia firmò un’ alleanza con il Sacro Romano Impero. Il 18 agosto, sotto la guida del conte Johann Matthias von der Schulenburg, la battaglia decisiva fu vinta e i Turchi abbandonarono l’ isola. Vivaldi scrisse l’ oratorio per le sue allieve del “Pio Ospedale della Pietà”, un orfanotrofio e conservatorio istituito dalla Serenissima Repubblica per dare un’ istruzione alle ragazze provenienti da famiglie povere o figlie di madre ignota. Il compositore veneziano scrisse molta della sua produzione per le giovani ospiti di questo istituto, dove insegnò dal 1704 al 1740. La musica è senza dubbio ispirata e di fattura magistrale, con una qualitá melodica e una brillantezza di strumentazione degna dei migliori esiti nella produzione di Vivaldi. I vantaggi della scrittura latina erano molti, al di là dell’aspetto propagandistico nei confronti della Chiesa stessa. In primo luogo, il latino era considerato più decoroso e aggiungeva maggior valore all’educazione delle “figlie di coro”, come venivano chiamate le studentesse di musica della Pietà. In secondo luogo, si aprivano nuove opportunità di affari agli scrittori locali componendo in un linguaggio che l’ opera lirica non contemplava o commercializzava. In terzo e ultimo luogo, il pubblico Che assisteva alle rappresentazioni nell’ Ospedale della Pietá era un pubblico dotato di risorse e di alto livello di istruzione, e l’ immagine proiettata da quel punto di vista era imbattibile con le opere in latino: nessun appartenente alla nobiltà era estraneo .ai suoi rudimenti. Ricordiamo che, sebbene l’ educazione negli orfanotrofi fosse di competenza delle congregazioni religiose, l’ istituzione stessa era laica, finanziata con fondi privati ​​della classe aristocratica. L’ oratorio latino si diffuse così tanto e così rapidamente che dal 1715 nessun Ospedale veneziano usò più lingue vernacolari fino alla fine della Repubblica.
L’ esecuzione musicale di questa affascinante partitura è stata sicuramente di ottimo livello. Benjamin Bayl, quarantaquattrenne cembalista e direttore australiano con alle spalle una lunga esperienza di continuista e attualmente associate Director dell’ ensemble Hannover Band, ha condotto l’ esecuzione con ottimo senso dello stile e scrupolo filologico. La Staatsorchester Stuttgart ha messo in mostra una eccellente capacità di suonare secondo la prassi esecutiva storicamente informata, con una eccellente qualitá di suono e una flessibilità di fraseggio davvero ottima. La compagnia di canto comprendeva alcune tra le più belle voci femminili appartenenti all’ ensemble della Staatsoper. Juditha era impersonata da Rachel Wilson, giovane mezzosoprano statunitense da poco entrata a far parte dell’ ensemble della Staatsoper. La cantante nativa di Las Vegas è un’ interprete sensibile, musicale e molto attenta alle sfumature del testo, oltre che sicura nell’ esecuzione dei passi di agilità. Ottima anche la raffigurazione di Oloferne presentata dal giovane contralto Stine Marie Fischer, una tra le giovani voci più promettenti nell’ ensemble della Staatsoper Stuttgart, che ha messo in mostra la bella brunitura del suo colore vocale e una notevole musicalità adeguate a una scrittura impegnativa come quella vivaldiana, che richiede sicurezza tecnica oltre che la massima precisione negli interventi. Ma la vera trionfatrice della serata è stata senza alcun dubbio Diana Haller nel ruolo di Vagaus. La trentacinquenne cantante croata ha dato una ulteriore dimostrazione del suo dominio assoluto della tecnica nella cosiddetta “coloratura di forza”, con una resa altamente spettacolare di arie in stile “grande agitato” come “Armatae facies Anguines” in cui il virtuosismo era davvero entusiasmante. Molto corretta era anche la resa dei ruoli minori affidati a Gaia Petrone e Linsey Coppens, due giovani cantanti allieve dell’ Opernstudio della Staatsoper.La messinscena di Silvia Costa, trentottenne regista nativa di Treviso che ha lavorato a lungo con Romeo Castellucci, era sicuramente apprezzabile per la recitazione impostata su toni molto sobri e senza esagerazioni plateali. Tutta la prima parte era basata su una scena e costumi di colore completamente bianco, che nella seconda parte si mutava gradatamente in rosso per simboleggiare il sangue versato durante l’ uccisione di Oloferne. Nel complesso si trattava di una messinscena apprezzabile, con una sua logica e un suo stile, nel suo insieme condotta in maniera molto lineare e senza platealità. La combinazione della parte visiva con la fludità scorrevole della musica di Vivaldi dava come risultato una serata davvero pregevole, per la coerenza e scorrevolezza del racconto scenico. Il pubblico ha applaudito tutti i protagonisti con un entusiasmo che faceva quasi dimenticare la capienza ridotta a 500 spettatori dalle disposizioni di legge. Qualche isolata espressione di dissenso è stata indirizzata ai responsabili della realizzazione scenica. Foto Martin Sigmund