Recensioni - Opera

Oh! oh! oh! oh! qu'il était beau le Postillon de Lonjumeau!

Accurata e festosa messa in scena dell’opera di Adolphe Adam al Festival Tirolese di Erl

Il Festiva di Erl, dopo l’Amico Fritz di Mascagni, continua ad affrontare la tematica dell’amore e del matrimonio con “Le Postillon de Lonjumeau”, opéra-comique di Adolphe Adam.

Messa in scena per la prima volta nel 1832, Le Postillon ebbe un grandissimo e immediato successo in tutta Europa, consacrando definitivamente il genio melodico di Adolphe Adam, che aveva iniziato come maestro del coro e compositore di canzoni e couplets per il Vaudeville, altro genere di commedia comica intervallata a canzoni, molto in voga nella Parigi della prima metà dell’ottocento.

L’opera, oggi di rara esecuzione, rispecchia tutte le caratteristiche dell’opéra-comique, quali le facili e orecchiabili melodie, i recitativi in prosa non accompagnati, una storia comica e accattivante che possa essere un buon pretesto per la musica. Tale è il capolavoro di Adolphe Adam, in cui il postiglione Chapelou, fresco di nozze con l’ostessa Madeleine, decide di seguire a Parigi il marchese de Corcy, impresario teatrale di Luigi XV, che, sentita la bella voce di Chapelou, lo ingaggia come cantante d’opera nella capitale. Chapelou non ci pensa due volte e pianta in asso la novella sposa senza neanche avvertirla. I due si ritrovano dieci anni dopo, entrambi con nuovi nomi, lui famoso cantante, lei ricca ereditiera. Fra varie vicissitudini, fra cui un rinnovato finto matrimonio con susseguente accusa di bigamia e una bella scena di teatro nel teatro in cui Madeleine si sdoppia fra ciò che era e ciò che è diventata per gabbare l’ignaro Chapelou, i due si perdonano e riprendono la comune vita interrotta dieci anni prima. L’opera si conclude con la stessa melodia con cui era iniziata, sulla grande aria del tenore “Oh! oh! oh! oh! qu'il était beau le Postillon de Lonjumeau!”.

Come si può vedere la storia è poco più di un pretesto, anche se gioca in modo interessante e accattivante sulla meta teatralità, svolgendosi, dal secondo atto in poi, all’interno del teatro di corte. In realtà si tratta di uno dei migliori prodotti della sua epoca, in cui veniva richiesta una facile invenzione melodica e, cosa non secondaria, una buona verve recitativa. La storia in fondo non è del tutto peregrina e i personaggi principali hanno un loro spessore e anche una loro ironia. Ben più semplice e inconcludente, se vogliamo, la storia della più celebre “Fille du Régiment” di Donizetti, andata in scena solo quattro anni dopo, e appartenente anch’essa al genere dell’opéra-comique.

La regia di Hans Walter Richter gioca essenzialmente con il teatro, costruendo, insieme allo scenografo e costumista Kaspar Glarner, un piccolo-grande teatro barocco sul palco del Festspielhaus di Erl. Un teatro dentro la scatola teatrale insomma, in cui si svolgono tutte le scene e che, ruotando, mostra i trucchi e la tecnica scenica della macchina illusionistica barocca. Il tutto è completato dai sontuosi costumi seicenteschi, che, occhieggiando al teatro dell’epoca, brillano in ricercatezza e sontuosità. Idea azzeccata e accattivante quella di Richter, che consente di creare una serie infinita di ambienti, permettendo in questo modo una varietà di situazioni e giochi scenici più che mai utile a spezzare lo snocciolarsi quasi ininterrotto di melodie, duetti e cori, spesso ottimi, ma qualche volta fin troppo orecchiabili e privi di spessore. Il regista è consapevole che si tratta di ottima musica di intrattenimento e mette in scena di conseguenza, cercando di variare, ruotando la scena, costruendo gruppi e controscene. In buona sostanza cercando di intrattenere.

Il prodotto musicale risente della propria epoca e oggi a teatro, inevitabilmente il luogo dell’approfondimento essendo il puro intrattenimento passato al mezzo televisivo o digitale, risulta fin troppo leggero, a volte scontato. Certo la musica di Adam non manca mai di piacevolezza, la regia è sempre attenta a movimentare il tutto, il risultato è che si passa una bella serata in compagnia di una musica accattivante e di una messa in scena divertente e baroccamente ampollosa. La leggerezza è l’alfa e l’omega di questa musica, la regia lo ha capito e ha confezionato uno spettacolo valido e ben concepito.

Erik Nielsen dirige con mano ferma la brillante partitura, ottenendo il meglio dall’ottima orchestra del festival di Erl, che riesce a passare con bravura e consapevolezza stilistica dalle tese arcate melodiche veriste di Mascagni ai couplets e cori da vaudeville di Adam.

Francesco Demuro è una rivelazione nel ruolo del postiglione Chapelou. Il tenore sardo sfoggia infatti una voce salda e timbrata, che sale senza fatica ai sovracuti richiesti dalla parte, ma che è anche capace di sostenere senza sforzo una parte lunga e impervia. Grazie all’esperienza maturata in questi anni Demuro dà il meglio di sé sia vocalmente che scenicamente, creando un personaggio gaglioffo e spensierato. Al suo fianco brilla la brava Monika Buczkowska, che interpreta Madeleine con piglio e sicurezza. Voce importante la sua, che viene abilmente piegata alle colorature richieste dalla parte. Abile nella recitazione, crea un personaggio a tutto tondo. Vero cantante attore il baritono americano Steven LaBrie disegna un Marchese di Corcy vanesio e arrogante, tutto lazzi e mossette, sfoggiando anche una bella voce finemente educata e dal timbro accattivante. Completano ottimamente il cast Joel Allison (Bijou) e Oskar Hillebrandt (Bourdon). Simpatico l’intervento attoriale di Wolfgang Gerold come Luigi XV.

Una menzione speciale a Gabriel Wanka che, oltre a curare le belle coreografie in stile barocco, interpreta con grazia e ironia la parte en travestì di Rose, che, oltre ad essere amica e confidente di Madeleine si spinge anche ad un assolo di ballo comico con grande divertimento del pubblico.

Grandi applausi nel finale per una bella produzione del festival invernale di Erl.

Raffaello Malesci (27 Dicembre 2021)