Berlino: Il drammatico Lohengrin di Guggeis

Continua il reportage berlinese dalla Staatsoper Unter den Linden. Dopo Sleepless il 3 dicembre, la seconda opera del fine settimana era Lohengrin, sabato 4. La direzione musicale è stata affidata a Thomas Guggeis, con la regia di Calixto Bieito (e la collaborazione di Barbora Horáková Joly). Lohengrin era Andreas Schager, affiancato da Elza van den Heever nei panni della quasi omonima Elsa von Brabant, con il Friedrich von Telramund di Martin Gantner e la Ortrud di Ekaterina Gubanova. Completano il cast il Re tedesco di Gábor Bretz e il suo araldo Adam Kutny.

Parto subito con il dire che protagonista assoluta di questa recita è stata la fantastica Staatskapelle Berlin, sotto una direzione meravigliosa di Thomas Guggeis. Il direttore tedesco ha guidato con polso sicurissimo l’orchestra di cui è Kapellmeister (giovanissimo, stiamo parlando di un 1993!) in una resa coerente, drammatica, eppure molto sottile ed elegante. Ben lungi dal cadere in pesanti rigonfiamenti e tronfie perorazioni retoriche, Guggeis ha diretto un Lohengrin capace di rifrangersi in colori e languori fin dal meraviglioso Preludio (candido come il cigno che conduce la sua barca), ma senza sdilinquirsi nel lungo duetto tra Lohengrin ed Elsa. L’insieme tra buca e palco non ha mai dato cenni di incertezza, il coro ha offerto una prova eccelsa, solidamente preparato da Martin Wright, e la concitazione ha tenuto incollati alla poltrona in ognuno dei tre atti, senza per questo perdere di profondità nei passaggi più statici e contemplativi. Veramente notevole, rimaniamo a guardare con grande attenzione al percorso di questo giovane musicista che, dopo gli studi a Milano, è fortunatamente stato ospite dell’Orchestra Verdi. Mi auguro davvero di vederlo sempre più spesso anche in altri teatri, se continuerà questo suo percorso.

Mi piacerebbe poter condividere lo stesso entusiasmo per tutto il resto di questa produzione, data in prima il 13 dicembre nel 2020 e qui ripresa, ma non posso. La regia di Bieito non è eccelsa e lascia molte ombre fumose. Bello l’inizio, ambientato in un’aula di tribunale, con Elsa che viene introdotta in una gabbia, anche metafora della gabbia mentale in cui la giovane è rinchiusa. Molto bello e molto suggestivo. Da qui in poi, la tenuta ha iniziato a cedere. Sangue sparso su braccia e copri via via denudati, volti dipinti di cerone come buffoni, non mi è chiarissimo se Bieito volesse nascondere una critica sociale al potere costituito o semplicemente generare immagini contorte e inquietanti o magari fare le due cose insieme. Vedendo le terribili proiezioni dei video di Sarah Derendinger, la sensazione è la terza. Sul preludio del terzo atto sono arrivato a dover chiudere gli occhi per evitare di venire sottoposto ad una tortura a base di immagini disgustose che qui risparmio al gentile lettore, ma che apparivano completamente ignare della musica sottostante. Dal programma di sala possiamo cogliere un po’ il senso generale della visione di Bieito, la critica ad una società infantile, le illusioni di Lohengrin ed Elsa, il tentativo di storcere la realtà dei personaggi, la fuga di fronte all’impossibilità di essere liberi, il cigno come simbolo erotico, tutti aspetti interessanti, ma che affollavano con una densità dispersiva la scena. Era come se nella visione di Bieito si affastellassero troppe idee e saltasse incoerentemente da uno spunto all’altro. Per quale ragione, se a suo avviso Lohengrin è una figura irreale e al massimo grado di infantile illusione, il duetto con Elsa (svolto su un buffo divanetto su un letto d’erba finta) è caricato di un desiderio erotico da cinquantenne single? Qual è il senso dell’eliminazione completa dell’uccisione di Friedrich (che rimane nel testo e nella musica, ma senza alcun accenno scenico? Molte domande così sono rimaste in sospeso, di fronte ad una sensazione di retorica ambiziosa, ma poco efficace.

Parte di questa inefficacia, forse, è da imputarsi anche alla prova non eccellente di un elemento centrale nella vicenda: Lohengrin. Andreas Schager è stato in forte difficoltà per tutta la recita. Non certo per volume, che è veramente imponente, né per timbro, che è bello, ma proprio per intonazione. Schager faticava spesso a trovare la nota, non riusciva a sostenerla e spesso risultava fortemente calante. Non ci sono state plateali stecche, ma l’intonazione è sempre stata estremamente incerta e i battimenti con l’orchestra e gli altri cantanti erano quasi tangibili. Anche la recitazione faceva non di rado difetto e se l’abito bianco in maniche di camicia ben si stagliava sui completi da business man (metafora dell’innocenza infantile? Ma anche i business man giocavano con le macchinine durante il processo iniziale), la gestualità del tenore non ha trovato la medesima caratterizzazione. Non sono mancate le contestazioni a fine recita per Schager e se ne capiscono le ragioni. Meglio la Elsa di van der Heever, tal timbro morbido e molto incline ad una decisa potenza drammatica (con ciò distaccandosi anche lei da una visione fanciullesca del personaggio). Molto bene il Friedrich di Gantner, aspro e secco, qui sì capace di rendere l’intento registico di avere un personaggio “reale”, un uomo ambizioso e ben inserito nella sua società decadente, mentre superlativa la Ortrud di Ekaterina Gubanova, che in barba a qualsiasi lettura registica ha semplicemente portato una tale forza espressiva da far più e più volte venire in brividi. La sua Ortrud era malvagia, tenebrosa, inquietante, la voce ha sempre sostenuto gli slanci più tesi e la cantante non ha mai fatto il passo più lungo della gamba. Acclamazioni per lei tra gli applausi finali. Bene anche il Re di Bretz e l’Araldo di Kutny, entrambi abili e solidi cantanti. Sala abbastanza piena (ma non pienissima nonostante il sabato sera e il titolo di buon richiamo per Berlino), ma non tira il migliore dei venti nella capitale tedesca. In ogni caso, una nota di lode va sempre fatta ai teatri berlinesi, che stanno tenendo dritto il timone anche nonostante la situazione (per usare un eufemismo) non ottimale.

Alessandro Tommasi
(4 dicembre 2021)

(Le fotografie di ©Monika Rittershaus si riferiscono ad altra recita della stessa produzione)

La locandina

Direttore Thomas Guggeis
Regia Calixto Bieito
Assistente alla regia Barbora Horáková
Scene Rebecca Ringst
Costumi Ingo Krügler
Luci Michael Bauer
Video Sarah Derendinger
Personaggi e interpreti:
Heinrich der Vogler Gábor Bretz
Lohengrin Andreas Schager
Elsa von Brabant Elza van den Heever
Friedrich von Telramund Martin Gantner
Ortrud Ekaterina Gubanova
Heerrufer des Königs Adam Kutny
Staatskapelle Berlin
Staatsopernchor
Maestro del coro Martin Wright

0 0 voti
Vota l'articolo
Iscriviti
Notificami

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.

0 Commenti
Inline Feedbacks
Vedi tutti i commenti