L’Ape musicale

rivista di musica, arti, cultura

 

Minimalismo madreperla

di Irina Sorokina

Dopo una lunga assenza Les pêcheurs de perles di Bizet torna al Bol’šoj, nel Palcoscenico da Camera erede del Teatro da Camera creato da Boris Pakrovskij. Al debutto come regista d'opera Vladislavs Nastavševs crea uno spettacolo prudente e rispettoso, nonostante i limiti di spazio la concertazione di Aleksej Vereščagin rende giustizia alla partitura e nel buon cast giovane spicca lo Zurga di Azamat Tsalati con il suo potenziale da fuoriclasse.

Mosca, 14 settembre 2021 - Sono ormai poche le persone in vita che ricordano i tempi gloriosi del Bol’šoj dell’epoca sovietica, sotto la direzione artistica di Boris Pokrovskij: cartellone ricco dei titoli russi, sovietici e occidentali, voci stellari di Irina Arkhipova, Elena Obraztsova, Tamara Milaškina, Vladimir Arlantov, Zurab Sotkilava, Yury Mazurok, Evgheny Nesterenko e tanti altri. L’attuale Bol’šoj è un teatro completamente diverso, cresciuto a dismisura, ha quattro palcoscenici, tra cui quello storico e quello nuovo. Ma non basta. C’è anche la Sala Beethoven destinata a concerti e il Palcoscenico da Camera, ex Teatro da Camera, creatura di Boris Pokrovskij. Alla morte del maitre, la piccola sala da ottanta posti destinata a allestimenti sperimentali che prima era stata un cinema a due passi dal Cremlino è stata inglobata dal colosso chiamato Bol’šoj.

Non sapremmo dire se lo spirito di Pokrovskij sia ancora vivo tra queste mura e vegli, con curiosità e severità, sulle regie dei nostri giorni. Di recente abbiamo avuto la possibilità di vedere e ascoltare due produzioni, La Perichole di Offenbach, a nostro parere, non riuscita, e Mosca Cheryomushki di Šostakóvič, riuscitissima. E adesso siamo tornati in via Nikol’skaja non per l’operetta, ma per la Signora Opera, Les pêcheurs de perles di Bizet.

Una volta godette una certa presenza nel cartellone, si ricordano ancora le interpretazioni da manuale dei ruoli di Nadir e di Leyla dei leggendari artisti del Bol’šoj Leonid Sobinov e Antonina Neždanova. Quei tempi sono molto lontani però, stiamo parlando addirittura della messa in scena del 1903. Cosa rimase nella memoria? Quasi nulla, diremmo, forse la romanza di Nadir e i duetti tra Nadir e Zurga e Nadir e Leyla.

Al Bol’šoj è stato deciso di sconfiggere questo “nulla” e richiamare in vita il titolo bizetiano, un po’ antiquato, d’accordo, ma godibile. Con Les pêcheurs de perlesin qualità di regista d’opera ha debuttato Vladislavs Nastavševs; la sua storia è simile a tante altre storie di giovani registi del teatro di prosa che per la prima volta si cimentano col genere dell’opera lirica. Qui, secondo il nostro parere, l’approccio sarebbe dovuto essere “non danneggiare” e sembra che Nastavševs abbia dimostrato un buon senso, non abbia toccato la dignità della “Signora”, riscritto la storia, attribuito ai personaggi azioni e sentimenti che non appartengono loro. No, grazie a Dio, la storia è rimasta sempre quella e con essa i personaggi. Il giovane regista e in questo caso anche lo scenografo l’ha raccontata con rispetto e delicatezza addirittura un po’ eccessivi, rinunciando completamente al suo aspetto esotico.

Quindi niente Ceylon lontano e colorato, costumi variopinti, movimenti scenici pittoreschi. Solo una scatola da tre pareti nude, a sinistra un buco rettangolare che serve per entrare e uscire, nessun oggetto tranne una lampada da terra, una presa elettrica e una sedia che servono a Zurga per sfogare la propria rabbia contro Leyla: la lega a quell’unico mobile col filo elettrico. Il minimalismo estremo dai colori pastello, grigio e rosa antico dalle sfumature perlate, i costumi di Elisej Kostsov ridotti a camicie e pantaloni per gli uomini e abiti lunghi per le donne, nessun dettaglio particolare per i protagonisti solo un velo per Leyla, le luci sospese e spettrali di Anton Stikhin in perfetta sintonia con lo spirito dell’allestimento.

Un cast giovane, attraente e efficiente ha calcato il palcoscenico mitico che ricorda il nome di Boris Pokrovskij. Pёtr Melent’ev – Nadir e Tat’jana Koninskaja – Leyla hanno formato una coppia pressappoco perfetta, giovane, fresca, sensibile. Sono stati capaci di trasmettere con l’autentica naturalezza il sentimento sincero di due protagonisti e hanno raggiunto l’armonia impareggiabile tra le loro voci chiare e dolci, tenore di grazia e soprano lirico. Ha completato il cast un dignitoso Aleksej Prokop’ev nel ruolo di Nurabad.

Ma se pure Les Les pêcheurs de perles fanno la parte del mondo infinito delle opere in cui “il tenore cerca di portarsi a letto il soprano, ma c’è sempre il baritono che glielo vuole impedire”, non si poteva trovare interprete migliore del ruolo di Zurga del giovane baritono Azamat Tsalati. Il cantante, di provenienza caucasica (è nato nella Repubblica dell’Osezia del Nord – Alania), sembra nato per impersonare il personaggio: bello, fattezze nobili, gran temperamento e movimenti scenici saggiamente studiati. Dalla prima apparizione sul palco tutti gli occhi si sono attaccati a lui – e non sono mai staccati. Attore consumato, ha disegnato un personaggio vivo, pieno di fuoco e tormento, mettendo un po’ da parte la coppia degli innamorati, nonostante la loro bravura come cantanti e la credibilità come attori. Al giorno d’oggi Azamat Tsalati ufficialmente risulta come solista del Palcoscenico da Camera del Bol’šoj: noi speriamo di vederlo in ruoli importanti. Sta già facendo parlare di sé e siamo sicuri che nel prossimo futuro ci stupirà.

Viste le dimensioni piccole della sala dell’ex cinema il team che ha creato lo spettacolo si è visto costretto a ridurre l’organico dell’orchestra, tuttavia l’arpa è rimasta penalizzata e il posto per lei si è trovato vicino all’ingresso nella sala. Queste condizioni, felicemente, non hanno turbato per nulla Aleksej Vereščagin che ha diretto la partitura di Bizet con passione e sensibilità capaci di compensare l’estremo minimalismo dell’allestimento. Magnifico è stato il coro preparato da Aleksandr Rybnov e Pavel Sučkov, non solo per il buon canto, ma per la capacità di dare un tocco personale a ogni rappresentare della folla.

Les Les pêcheurs de perle sembrano aver conquistato un posto tutto loro nel ricco cartellone del Bol’šoj (ricordiamo che il primo teatro lirico russo dispone di quatto palcoscenici). Ma, soprattutto, l’opera di Bizet ha dato delle generose chances a una nuova generazione dei cantanti, primo fra tutti al baritono Azamat Tsalati.


 

 

 
 
 

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