Trieste: le affabulazioni della Vedova allegra

Operazione Glawari: accomplished. L’operetta fa il suo ritorno in una delle città di cui era diventata simbolo e, dopo una lunga attesa, conquista ancora il pubblico.

Certo, che il Teatro Verdi decida di mettere in scena un titolo come La vedova allegra in tempi di pandemia, con tutto il dispiegamento di persone che è necessario sembra quasi un azzardo, ma con un pizzico di magia tutto si può fare. Ed è proprio la magia a fare da collante a tutti tre gli atti. Oscar Cecchi, che firma la regia, racconta tutto come se fosse una specie di magia o un sogno in cui una fatina “accende le luci sulla storia”. Una storia che viene introdotta anche da Andrea, Andrea Binetti che apre la scena con il suo nome, e invita le maestranze a prendere i loro posti.

Ecco che sul palco prendono vita i personaggi del famosissimo lavoro di Lehár. Un susseguirsi di amori e tradimenti, matrimoni consolidati e serate di alta società. Detto così potrebbe fare quasi sorridere, ma da recenti sondaggi emerge proprio che siano le donne le più propense al tradimento e questa storia più che un titolo del 1905, sembra di un’attualità disarmante. Ma torniamo a Trieste. L’allestimento viene messo in scena in Italiano, ma con un lavoro di adattamento sul testo che lo pulisce di molte battute ormai desuete e lo snellisce di quel tanto che lo porta ad essere uno spettacolo con una trama godibile. Va detto che tra le varie feste e i batticuori delle signore dell’alta società e i discorsi economici e politici dei loro mariti, si realizza il sogno d’amore di Hanna Glawari, novella vedova con un’eredità così imponente da far tremare lo stato intero qualora decidesse di trasferirsi e di portare con sé i suoi beni.

Molto efficaci i “mariti” del cast, Clemente Antonio Daliotti, Gianluca Sorrentino, Alessandro Busi e Luca Gallo, così come particolarmente divertenti sono i “sessualmente indecisi” ma determinati a portarsi a casa una donna abbiente Andrea Schifaudo e Filippo Fontana.

Valentina Mastrangelo è una vedova che porta con sé evidenti segni del suo passato di ragazza di umili origini, ma che convince il pubblico con la sua grande voce. Gianluca Terranova è l’uomo di oggi, il Conte Danilo Danilowitsch di cui Hanna è innamorata da tempo. Un uomo che affoga la sua mancanza di coraggio nel combattere per l’amore di Hanna nell’alcool e nelle seducenti ballerine che ogni sera può incontrare chez Maxim. Un principe non proprio azzurro ma un uomo che probabilmente non ha mai smesso di desiderare quella ragazza che suo zio riteneva inadeguata a un nobile come lui.

Ma un discorso a parte va fatto per Giulia Della Peruta e Oreste Cosimo, ovvero Valencienne e Camille de Rossillon. A loro la regia ha affidato le scene più emozionanti dello spettacolo. Sono loro infatti a mantenere la distanza duettando tra mille carezze che vengono affidate a delle poltrone, o a promettersi un ultimo bacio nel bel mezzo di un giardino convincendo il pubblico a fare il tifo per la loro storia d’amore, facendo quasi dimenticare che lei in realtà un marito lo ha già. Chi sorprende, in questo allestimento, è Andrea Binetti. Paladino dell’operetta e artista molto amato dal pubblico, in questa occasione dà vita a un Njegus deliziosamente gay. Inizialmente un po’ velatamente ma pian piano sempre più dichiaratamente, fino a trionfare in un can can finale strappa applausi.

È proprio lui, seguito da Schifaudo e Fontana a divertirsi a fare lo 007 della situazione. Molto interessante e assolutamente inedita l’idea di affidare una parte dell’aria “è scabroso le donne studiar” alle signore del cast, intente a lamentarsi degli uomini.  La fatina ballerina Cler Bosco raggiunge anche il maestro, il bravissimo Christopher Franklin. Molto in forma le maestranze del teatro, coro e orchestra.

Eleganti ma anche scintillanti le scene di Paolo Vitale, come le luci di Nino Napoletano. Meno interessanti le coreografie di Serhiy Nayenko per il Corpo di Ballo del Lviv National Academic Opera and Ballet Theatre che si è dimostrato talvolta impreciso. Molto più delicate ed eleganti le coreografie pensate dall’aiuto regista Roberto Bonora per Valencienne, Hanna e per la solista Bosco. Musicalmente molto interessante l’Ouverture Ein Morgen, ein Mittag und ein Abend in Wien di Franz von Suppé al cambio di scena tra il secondo e il terzo atto anche se, tenuto conto che il Verdi impone la mascherina FFp2 o FFP3 al pubblico, sarebbe stato più considerato rispettare l’intervallo.

Sara Del Sal
(24 luglio 2021)

La locandina

Direttore Christopher Franklin
Regia Oscar Cecchi
Scene Paolo Vitale
Coreografie Serhiy Nayenko
Personaggi e interpreti:
Hanna Glawari Valentina Mastrangelo
Danilo Danilowitsch Gianluca Terranova
Valencienne Giulia Della Peruta
Camille de Rossillon Oreste Cosimo
Njegus Andrea Binetti
Barone Mirko Zeta Clemente Antonio Daliotti
Raoul de Saint-Brioche Andrea Schifaudo
Visconta Cascada Filippo Fontana
Praskowia Marzia Postogna
Bogdanowitsch Gianluca Sorrentino
Sylviane Federica Giansanti
Kromov Alessandro Busi
Olga Paola Francesca Natale
Pritschitsch Luca Gallo
Ballerina solista Cler Bosco
 Orchestra e Coro del Teatro lirico Giuseppe Verdi di Trieste
Maestro del coro Francesca Tosi

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