Palermo: al Massimo un Don Giovanni proiettato nel futuro

La punizione del dissoluto si compie in un tripudio infernale di laser che sommergono lui e tutto il suo mondo, che poi è anche il nostro: la tecnologia si addice al teatro post pandemia, spingendo ad esplorare non solo forme nuove ma anche e soprattutto reinventando lo spazio teatrale.

A chi per decenni si è lamentato della cristallizzazione delle forme rappresentative al Teatro Massimo è stato servito un “piatto saporito”, per dirla con l’abate Da Ponte: il Don Giovanni secondo Marco Gandini è infatti plasticamente aderente al nuovo corso.

L’orchestra – coi leggii distanziati – dilaga in platea mentre l’azione resta sul palcoscenico, anch’esso ripensato, con il pubblico ad occupare i soli palchi; tutto è diverso, a partire dal suono che si dilata e in certo modo si slega ponendo gli strumenti al di sopra delle voci che soffrono a tratti della mancanza della buca. Non è una questione di “meglio” o peggio”, semplicemente ci si trova ad affrontare qualcosa di completamente differente.

È un Don Giovanni tutto veneziano, alter-ego di Giacomo Casanova, quello immaginato da Gandini e calato nelle belle videoproiezioni di Virginio Levrio, in perfetto equilibrio tra la fotografia di Fulvio Reuter e il bianco e nero angosciante caro a Wim Wenders in cui si inseriscono i primi piani incombenti del protagonista che domina su tutto e tutti.

Lo spazio immaginato da Gabriele Moreschi è fatto per essere riempito di teatro, cosa che il regista vicentino fa con grande misura e soprattutto con intelligenza; quando il contatto è precluso allora gli sguardi e il linguaggio del corpo diventano essenziali a dar vita all’azione. Ogni movimento è pensato fino all’ultimo dettaglio per dare forma ad un narrato incalzante.

Il finale hi-tech con il Super FX Laser realizzato da Filippo Scortichini funziona benissimo, così come il disegno di luci capace di dare spazio alle ombre concepito da Francesco Vignati.

Omer Meir Wellber – che sceglie qui la versione viennese del 1788, quella senza finale morale cara tra gli altri a Mahler – è direttore che o si ama o si detesta, senza vie di mezzo, ma a cui va riconosciuta la coerenza assoluta con la quale porta avanti ogni sua idea.

I tempi stregoneschi, le dinamiche incalzanti, il rimo serrato conducono esattamente dove deve condurre il suo Don Giovanni, ovvero alla caduta finale, senza compromessi o mezze misure. I cantanti devono seguirlo, che abbiano o meno il tempo di respirare, così come l’orchestra – luminosa e partecipe – o tiene o soccombe.

Wellber incarica anche dell’accompagnamento al fortepiano dei recitativi in cui si ritrovano scelte estreme – da accenni all’Habanera della Carmen a “It was a very good year”, cavallo di battaglia di Frank Sinatra – in alcuni momenti disarmoniche rispetto al canto eppure mai banali anche quando strizzano l’occhio al piano-bar. Discutibile, sì, però fortemente pensato.
Autocrazia? Certo, ma è esattamente questa la caratteristica propria delle grandi bacchette, piaccia o no.

Alessio Arduini si conferma come Don Giovanni di alta caratura padroneggiando un fraseggio sempre articolato e poggiato su una linea di canto impeccabile, il tutto con grande aderenza al personaggio anche nel gesto scenico.

Altrettanto convincente il Leporello “in coppola” di Riccardo Fassi, capace di accenti nobili che gli consentono di porsi come autentico spirito critico del padrone. La voce corre sicura e ricca di colori.

Bene la Donna Elvira accorata di Aga Mikolaj, che si prende l’unico applauso a scena aperta dopo il “Mi tradì quell’alma ingrata”, mentre manifesta qualche insicurezza Sarah Jane Brandon nei panni di Donna Anna.

Buoni Benjamin Hulett – Don Ottavio fortunatamente non troppo esangue – e Ewan Hugues – Masetto deciso – mentre Laura Giordano è Zerlina corretta. Corposo quanto basta il Commendatore di Adam Palka.

Ottima la prova del coro, costretto a entrare e uscire con la mascherina, diretto da Ciro Visco.

Successo per tutti, con la speranza che la capienza consentita al Massimo possa essere aumentata in tempi rapidi.

Alessandro Cammarano

(22 settembre 2020)

La locandina

Direttore Omer Meir Wellber
Regia Marco Gandini
Impianto scenico Gabriele Moreschi
Video maker Virginio Levrio
Lighting designer Francesco Vignati
Super FX Laser Filippo Scortichini
Assistente alla regia Veronica Bolognani
Personaggi e interpreti:
Don Giovanni Alessio Arduini
Donna Anna Sarah Jane Brandon
Don Ottavio Benjamin Hulett
Donna Elvira Aga Mikolaj
Leporello Riccardo Fassi
Zerlina Laura Giordano
Masetto Evan Hughes
Commendatore Adam Palka
Orchestra e Coro del Teatro Massimo
Maestro del Coro Ciro Visco

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