Macerata: le distanze del Trovatore

Il Trovatore in tempo di post pandemia si inchina e sottostà alle regole di sicurezza che – a ragione – proibiscono più di quel che consentono. L’epigono della tradizione belcantista va dunque in scena, se così si può dire, in forma di concerto, con gli orchestrali e il coro sparsi sul palcoscenico e i cantanti distanti tra loro.
Se c’è un’opera che ha bisogno del contatto, della vicinanza, dell’incrocio prossimo degli sguardi questa è proprio il Trovatore: non servono necessariamente il balenare delle spade, decine di zingari variopinti o bastioni: c’è bisogno però di contatto ad ogni suo livello e sfumatura.

Il Macerata Opera Festival è avvezzo alle sfide e anche questa volta non si tira indietro, con un risultato apprezzabile per alcuni versi, meno per altri.

La direzione del giovane Vincenzo Milletarì pecca un po’di velleitarismo; le scelte dei tempi non risultano sempre comprensibili se non in un’ottica che sembrerebbe orientata più allo stupire che allo scavare.

Ecco dunque strette a rotta di collo seguite da pause non sempre congrue e a sfilacciamenti ritmici che non corrispondono all’attimo. Anche le agogiche seguono un percorso del tutto personale.

La stoffa c’è, indubbiamente, e lo testimoniano la perentorietà del gesto e l’attenzione a far quadrare gli equilibri tra solisti, orchestra e coro nonostante le distanze.

Luci ed ombre nel cast.

Luciano Ganci conferisce al suo Manrico l’afflato lirico che è proprio del personaggio – più innamorato che eroe – rendendolo con un fraseggio sempre appropriato e vocalità sicura.

Anodina, di contro, la Leonora di Roberta Mantegna, caratterizzata da un fraseggiare privo di nerbo e quasi disinteressato.

L’Azucena di Veronica Simeoni è intelligentemente caratterizzata negli accenti e poggia su solidi mezzi vocali.

Massimo Cavalletti è un Luna corrivo e troppo spesso in debito d’intonazione mentre Davide Giangregorio tratteggia un Ferrando pienamente convincente.

Nelle parti di contorno si disimpegnano assai bene Didier Pieri nel doppio ruolo di Ruiz e del Messo, Fiammetta Tofoni come Ines e Massimiliano Mandozzi nei panni del Vecchio zingaro.

Il Coro Lirico Marchigiano “Vincenzo Bellini”, diretto da Martino Faggiani e Massimo Fiocchi Malaspina ha voci maschili ottime mentre soffre nei registri femminili.

Applausi cordiali per tutti.

Alessandro Cammarano
(25 luglio 2020)

La locandina

Direttore Vincenzo Milletarì
Luci Ludovico Gobbi
Immagini Fotografiche  Ernesto Scarponi
Personaggi e interpreti:
Il Conte di Luna Massimo Cavalletti
Leonora Roberta Mantegna
Azucena Veronica Simeoni
Manrico Luciano Ganci
Ferrando Davide Giangregorio
Ines Fiammetta Tofoni
Ruiz – Un Messo Didier Pieri
Il Vecchio Zingaro Massimiliano Mandozzi
Orchestra Filarmonica Marchigiana
Coro Lirico Marchigiano “Vincenzo Bellini”
Maestro del coro Martino Faggiani
Altro Maestro del coro Massimo Fiocchi Malaspina

0 0 voti
Vota l'articolo
Iscriviti
Notificami

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.

0 Commenti
Inline Feedbacks
Vedi tutti i commenti