Parma: Turandot per sottrazione

Una Turandot per sottrazione quella immaginata da Giuseppe Frigeni, che dell’allestimento cura non solo la regia, ma anche le scene, le luci e i movimenti coreografici, coadiuvato da Marina Frigeni.

La lunga collaborazione con Bob Wilson, di cui Frigeni è stato assistente prima e co-regista poi, risalta con tutta evidenza nell’approccio all’estremo, incompleto capolavoro pucciniano – messo in scena al Regio di Parma come titolo inaugurale della Stagione 2020 e che è parte deii festeggiamenti dell’anno in cui la città di Maria Luigia e Bodoni, tra gli altri, sarà capitale italiana della cultura –  che perde in esotismo ma guadagna in risalto dello spessore drammaturgico che gli è connaturato.

La Cina remota e Liberty di Simoni e Adami cede qui il posto ad uno spazio astratto in cui la geometria simmetrica di linee di linee rette e curve si anima di movimenti stilizzati, talora impercettibili, più volti all’evocazione – anche quando si tratta di quelli sinuosi riservati alla Maschere o alle danzatrici – che non alla sottolineatura, rimandando a forme tipiche del teatro Kabùki o al Gamelàn e conferendo all’azione drammaturgica una dimensione di attesa.
Sulla stessa linea i costumi di Amélie Haas.

Tutto è perfettamente calibrato nei tempi e teso a dar vita ad un racconto che si svolge su un ardito piano sequenza, senza soluzione di continuità e senza cesure che non siano quelle dettate dalla musica, che qui viene non solo assecondata ma presa come filo conduttore.

Tra i momenti più riusciti la prima scena del secondo atto, con i tre perfidi dignitari imperiali che agiscono su quella che sembra una tavola da GO – gioco di spietata strategia – con tanto di pedine, e il finale con Calaf che rigetta la principessa finalmente sgelata e sceglie per sé il mantello regale e il trono; censurabili, di contro, alcune cadute di stile incomprensibili e sempre riservate ai suddetti dignitari, costretti a imitare le scimmiette “non vedo-non sento-non parlo” o a fare passettini da avanspettacolo o ancora, sugli applausi finali, ad uscire inciampando l’uno sull’altro.

Valerio Galli, alla testa di una precisa Filarmonica dell’opera Italiana Bruno Bartoletti, si dimostra ancora una volta profondo conoscitore della partitura pucciniana; la sua Turandot è fatta di ghiaccio e sangue e poggia su una struttura ritmica incalzante e coloratissima. Gli slanci dinamici sono perentori così come le agogiche rimandano ad una tensione costante.

Rebeka Lokar canta assai bene ma alla sua eroina eponima mancano la zampata ferina, l’ironia algida, la rabbia spaventata.
Carlo Ventre tratteggia di contro un Calaf appassionato e volitivo, forte di uno squillo sicuro e di un fraseggio mai fine a se stesso.

Bravissima Vittoria Yeo, che canta una Liù rigogliosa per quanto attiene alla vocalità e profondamente sentita nella recitazione.

Giacomo Prestia è Timur di bello spessore, autorevole nei gravi e luminoso nel registro centrale, mentre Paolo Antognetti è Altoum tutt’altro che vegliardo.

Ottime le tre maschere – che tra l’altro hanno voci perfettamente complementari – di Fabio Previati (Ping), Roberto Covatta (Pang) e Matteo Mezzaro (Pong), capaci di offrire la giusta miscela di crudele e grottesco loro richiesta.

Convince pienamente il Mandarino di Benjamin Cho, così come si rendono protagonisti di buone prove Marco Gaspari (il Principe di Persia), Lorena Campari (Prima ancella) e Laura Gagliardi (Seconda ancella)

Bene, come sempre, il coro preparato da Martino Faggiani e bene anche il Coro di Voci Bianche Ars Canto Giuseppe Verdi diretto da Eugenio Maria De Giacomi.

Successo pieno per tutti, suggellato dal valore aggiunto dalla presenza del Capo dello Stato, lungamente e calorosamente applaudito.

Alessandro Cammarano
(12 gennaio 2020)

La locandina

Direttore Valerio Galli
Regia, coreografia, scene e luci Giuseppe Frigeni
Collaboratrice alla regia e alla coreografia Marina Frigeni
Costumi Amélie Haas
Personaggi e interpreti:
Turandot Rebeka Lokar
Altoum Paolo Antognetti
Timur Giacomo Prestia
Calaf Carlo Ventre
Liù Vittoria Yeo
Ping Fabio Previati
Pang Roberto Covatta
Pong Matteo Mezzaro
Un mandarino Benjamin Cho
Principe di Persia Marco Gaspari
Prima ancella Lorena Campari
Seconda ancella Marianna Petrecca
Danzatrici Carlotta Bruni, Marina Frigeni, Laura Gagliardi
Filarmonica dell’opera Italiana Bruno Bartoletti
Coro del Teatro Regio di Parma
Maestro del coro Martino Faggiani
Coro di Voci Bianche Ars Canto Giuseppe Verdi
Maestro del coro Eugenio Maria De Giacomi

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