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La Carmen “immortale” di Leo Muscato danza ancora una volta sul palcoscenico del Teatro del Maggio Musicale Fiorentino

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Foto di Michele Borzoni

Sono ormai passati quasi due anni da quando la Carmen del regista Leo Muscato è stata accolta con dissensi, più che con assensi, presso il Maggio Musicale Fiorentino. La rappresentazione, divenuta una presenza costante nel cartellone del teatro fiorentino, pretende di ergersi a simbolo della lotta contro il femminicidio non concludendosi con la morte della protagonista, quindi di ciò che incarna, bensì con quella di Don José; dimenticando che Bizet, prima di noi, aveva già composto un manifesto contro la violenza sulle donne e che questa non diviene tanto più legittima se compiuta nei confronti di un uomo.

Ascoltando e guardando il capolavoro di Bizet sorge spontanea la domanda se sia effettivamente possibile eliminare Carmen; a tal proposito non è di fatto difficile instaurare una connessione con il Don Giovanni mozartiano, dannato per essere altamente immorale e, allo stesso tempo, tanto vero da smascherare la natura dei personaggi che lo circondano. E così la gitana, che fa perdere la testa al soldato José, riesce ad allontanare materialmente il suo amante dai dogmi, precetti e ordini in cui è sempre stato costretto in primo luogo dalla madre, poi dall’esercito; senza però liberarlo dalla loro prigione mentale. Se nella sopra citata opera di Mozart Don Giovanni è conscio di dar vita insieme al Commendatore a uno scontro tra due moralità poste sullo stesso piano; nel dramma di Bizet, Don José pretende infatti di “correggere” Carmen, e di nominarsi “suo salvatore” reputando la lotta finale come una battaglia vinta in partenza soltanto perché la sua controparte è una donna.

Indipendentemente dalle opinioni più o meno felici, relative al finale, le scene di Andrea Belli e le luci di Alessandro Verazzi incorniciano alla perfezione i due mondi cui afferiscono i protagonisti: quello errante di Carmen prende vita nelle roulotte, in cui consuma i suoi amori passeggeri e tra i cui profili danza e/o sfida il destino leggendo le carte; quello di Don José è decisamente più buio, minimale, fatto di pochi oggetti scenici. Oltre alla rete, che lo separa dal campo dei gitani, c’è spazio unicamente per una scrivania, delle sedie e uomini in uniforme che sorridono e vedono illuminare le stanze soltanto nel momento in cui passa Carmen. Quest’ultima viene sensualmente animata per la seconda volta (la prima è stata il 15 ottobre) da Karina Demurova, mezzosoprano russo, dal timbro caldo, accattivante, correttamente gestito nella restituzione vocale del personaggio, soprattutto nell’aria rappresentativa di “Habanera”; non sempre convincente scenicamente, a tratti si percepisce distanza e poca comunicatività con il Don José di Samuele Simoncini. Seconda recita anche per il tenore senese, questi è in possesso di una voce interessante, morbida, anche se spesso eccessivamente sforzata per le spinte sugli acuti che rendono l’interpretazione poco fluida. Tra i personaggi principali, si inserisce prepotentemente e funzionalmente l’Escamillo di Fabrizio Beggi, il cui timbro ruvido, corposo, dal volume solido, e la cui presenza scenica restituiscono uniformemente la reciproca attrazione tra il torero e la gitana. Federica Vitali tratteggia adeguatamente la pura innocenza di una Micaela quasi infantile nel rapportarsi con Don José; la visibile insicurezza del personaggio accompagna di tanto in tanto anche la voce, piacevole e delicata, seppur schiacciata nel registro acuto.

Ai suddetti ruoli si accostano le interpretazioni riuscite, sia vocalmente che scenicamente, di Min Kim e Antonio Gares, rispettivamente nei panni de Le Dancaire e Le Remendado; di Francesco Samuele Venuti come Moralès, di Shuxin Li come Zuniga e delle Frasquita e Mercédès di Costanza Fontana e Giada Frasconi.

Nonostante il cast mediamente soddisfacente, il pubblico non si è lasciato andare ad applausi troppo calorosi: quelli più sentiti vengono rivolti al direttore d’orchestra Sesto Quatrini, che ha appassionatamente disegnato il connubio tra spensieratezza e tragicità che invade l’animo di Carmen.

(L’articolo si riferisce alla recita del 18 ottobre).

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Carmen
Opéra-comique in quattro atti

Libretto di Henri Meilhac e Ludovic Halévy tratto da Carmen di Prosper Mérimée

Musica di Georges Bizet

Prima rappresentazione: 3 marzo 1875 all’Opéra-Comique di Parigi

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Artisti

Maestro concertatore e direttore  Sesto Quatrini

Regia  Leo Muscato

Scene  Andrea Belli

Costumi  Margherita Baldoni

Luci  Alessandro Verazzi

Carmen  Marina Comparato/Karina Demurova (15, 18, 22)

Don José  Luciano Ganci/Samuele Simoncini (15, 18, 22, 25)

Escamillo  Fabrizio Beggi

Micaela  Lavinia Bini/Federica Vitali (15, 18, 22)

Orchestra, Coro e Coro delle voci bianche del Maggio Musicale Fiorentino
Maestro del Coro e del Coro delle voci bianche Lorenzo Fratini

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