7 luglio 2018 - 21:27

Ballata con ministri e faccendieri, sberleffo alla corruzione

«The Beggar’s Opera» di Robert Carsen esplora l’avidità capitalista, il crimine e le disparità sociali. Che, dice il regista, «non sono cambiati, e imperversano in tv e al cinema»

di Valerio Cappelli

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SPOLETO Applausi che non finiscono più. A ladri, spacciatori, poliziotti, finanzieri corrotti e donnine allegre in scena. Una festa per gli occhi e per le orecchie. Per un successo così, al Festival di Spoleto, bisogna tornare indietro di molti e molti anni. Merito del regista canadese Robert Carsen, il quale ha portato la sua visione contemporanea di «The Beggar’s Opera», la ballata satirica di dialoghi e musica che fu assai più di una semplice ispirazione per Bertolt Brecht e la sua «Opera da tre soldi». Un’idea di teatro fatto di niente, la scena riempita di decine di cartoni da imballaggio, che colpisce dritto al cuore. Carsen (cominciò la sua carriera 40 anni fa proprio a Spoleto come assistente di Menotti, Giorgio Ferrara gli ha consegnato il premio Carispo) ha attualizzato il libretto: ed ecco i riferimenti «ideali» sullo stop alla Brexit, la caduta del governo conservatore e l’avvento al potere di ladri e prostitute.

Ma anche battute sulle scarpe «orrende di tigre gialla» che sfoggia il primo ministro inglese Theresa May, su cellulari e selfie, sulle serie tv che «fanno montare la testa», sui ministri degli «affari disonesti» e sulla nomina del ministro della Cultura, «che tanto non conta niente». Il tormentone di queste anime perse è: «E io che cosa ci guadagno?». La filologia per il regista, in questa sarabanda sfrenata che suona come uno sberleffo alla corruzione, è una moneta fuori corso, una parola vuota: «Il criterio dei nuovi dialoghi si rifà al concetto che il testo originale (l’opera andò in scena nel 1728) era tagliato per il pubblico inglese dell’epoca, oggi non li capiremmo. Ne abbiamo rispettato lo spirito. Il bello è questo spettacolo, che ora va in tournée fino al prossimo febbraio, è stato visto a Parigi e ora a Spoleto, ma non ancora in Inghilterra».

Qui la tradizione non ha senso, il teatro (almeno questo teatro) deve essere vivo e respira la vita che lo circonda. Ma l’opera, ricorda Carsen (atteso il prossimo anno per la prima volta all’Opera di Roma), «esplora l’avidità capitalista, il crimine e la diseguaglianza sociale che non sono cambiati, e imperversano in tv e al cinema». Ecco il celebre complesso Les Arts Florissants: fa rivivere il «pasticcio» musicale con citazioni di Purcell e Haendel, e song popolari di provenienza barocca. I musicisti, con strumenti originali, li vediamo sul palco con felpe macchiate e jeans sdruciti assieme ai protagonisti che, come vuole la scuola anglosassone, sono attori, cantanti, funamboli e ginnasti perfino.

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