Dalila l'incendiaria

Buon successo per Samson e Dalila a Parigi, diretta da Jordan con la regia di Micheletto

(foto Vincent Pontet)
(foto Vincent Pontet)
Recensione
classica
Opéra de Paris Paris
Camille Saint-Saëns
04 Ottobre 2016
L'ultimo a eseguire l'opera di Saint-Saëns all'Opéra Bastille è stato Myung-Whun Chung nel 1991, dopo 25 anni tocca ora a Philippe Jordan, per la regia di Damiano Micheletto che ha rinunciato a connotazioni contemporanee preferendo illustrare un apologo sulla prepotenze di un popolo su un altro. Costumi firmati da Carla Teti senza tempo, palco diviso orizzontalmente coi cattivi Filistei sopra e gli ebrei schiavizzati sotto. Tutto risulta susseguente e lo spettatore sta facilmente al gioco. Con però qualche difficoltà nel seguire il comportamento di una Dalila bipolare. Quando, con un'azzaccata trovata registica, Sansone si taglia i capelli da solo (la sua resa coincide con la rottura del patto con Jahvè), Dalila realizza che lui la ama profondamente e si dispera perché lo credeva solo un nemico. Poi, durante il bell'intermezzo orchestrale del terzo atto, vedendolo accecato e sconfitto (ma senza la macina a cui dovrebbe essere legato) si mette a piangere rumorosamente, disturbando tra l'altro l'elegante accavallarsi dei leitmotiv. Ma poco dopo partecipa cinicamente al Baccanale vestita da Cleopatra, mentre il Gran Sacerdote si maschera da imperatore romano e i coristi hanno a disposizione ogni genere di pepli colorati per celebrare il loro trionfo sugli ebrei. E di nuovo nel finale a sorpresa, è lei che è responsabile della catastrofe; cosparge il palco e se stessa di benzina e consegna un accendino a Sansone che ovviamente ne fa buon uso. Insomma il personaggio acquista maggiore umanità, ma perde di coerenza drammaturgica. Succede spesso quando si applicano parametri borghesi al mito. Da parte sua, Sansone sa già come andrà a finire; all'inizio dell'opera sta leggendo la Bibbia e per di più ha un incontro con un suo giovane doppio che durante una breve pantomima finisce accecato e sanguinante. La direzione di Jordan è risultata efficace, con un ferreo controllo anche del coro, forse il vero protagonista dell'opera. Anita Rachvelishvili, una Dalila convincente, ha dato il suo meglio nell'aria del primo atto "Printemps qui commence" cantando delicatamente a mezza voce. Aleksandrs Antonenko ha invece voce legnosa e non è mai a proprio agio nel muoversi. A fine serata comunque grandi ovazioni per tutti.

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