Recensioni - Opera

Milano: Salsi trionfa nel Boccanegra, convincente il secondo cast

I nuovi interpreti sono Irina Lungu e Matteo Lippi

Prosegue la stagione lirica della Scala con un altro titolo di Giuseppe Verdi, anche questo legato al tema del potere: Simon Boccanegra. Un'opera dalla gestazione lunga, infatti Verdi rimise mano alla prima versione più di vent'anni dopo, coinvolgendo Arrigo Boito nella riscrittura del libretto. Finalmente il "tavolo zoppo" aveva trovato il suo equilibrio ed era diventato il capolavoro che tutti noi conosciamo.

Proprio alla Scala nel 1971 andava in scena l'edizione di riferimento e mai eguagliata con la regia di Giorgio Strehler, la direzione di Claudio Abbado e un cast leggendario guidato da Piero Cappuccilli con Mirella Freni, Nicolai Ghiaurov e Gianni Raimondi.

Il nuovo spettacolo vede la regia di Daniele Abbado. Spettacolo semplice, senza grandi idee, che però lascia una certa libertà attoriale ai cantanti. Le scene curate da Daniele Abbado e Angelo Linzalata presentano blocchi di marmo che vengono spostati a mano dai tecnici (neanche tanto nascosti). Tra le cose migliori ci sono il veliero nel porto e la scena del consiglio quando viene smantellato il telo porpora nel fondale. Non mancano le bandiere festanti e poi bruciate, i tafferugli tra plebei e patrizi, una misera pedana come studio del Doge, un albero e alcune insolite lucine colorate.

Cupo, caravaggesco e affascinante il lavoro sulle luci di Alessandro Carletti, accurati e raffinati i costumi ottocenteschi di Nanà Cecchi. Due elementi che salvano in parte lo spettacolo.

Lorenzo Viotti è una bacchetta più specializzata nella sinfonica e si sente nella sua direzione comunque elegante, che cerca colori, sfumature e dinamiche nella sempre magnifica orchestra del Teatro alla Scala. Le parti mosse, con il forte tessuto sonoro rischiano di coprire le voci, nonostante la dovuta attenzione tra buca e palcoscenico.

Il coro preparato con la consueta cura da Alberto Malazzi, è sempre qualcosa di sublime da ascoltare, tra momenti delicati con pianissimi e mezze voci ad altri concitati e robusti.

Luca Salsi oramai è un baritono di riferimento per quello che riguarda il repertorio verdiano. Ne conosce la parola scenica, la tessitura, la nobiltà nel canto. Il suo è un doge scolpito da un fraseggio articolato, con accenti, legati e acuti solidi. Inoltre è un'interprete appassionato e credibile, con una ricerca di introspezione che lo rende sia austero, che profondamente umano.

Non si può dire altrettanto di Ain Anger che delinea un Fiesco quanto mai debole e ci si chiede il perché di questa scelta. La voce sfibrata e poco profonda non si adatta al personaggio. Raramente si è ascoltata la bellissima aria “A te l’estremo addio" cantata con così poco trasporto. Ne rimane una buona presenza scenica e un duetto finale leggermente più riuscito.

Irina Lungu, chiamata a sostituire la collega Anita Hartig, non ha affatto deluso le aspettative. Un'Amelia/Maria ben delineata, dove emerge una linea di canto morbida, sicura, con un timbro pulito, un fraseggio corretto e che si muove con facilità in una partitura alquanto impegnativa. La cavatina “Come in quest’ora bruna” del primo atto è cantata con trasporto e riceve applausi, come efficaci risultano i vari duetti.

Matteo Lippi al debutto nel ruolo di Gabriele Adorno è stato una piacevole scoperta e ha convinto pienamente. Voce limpida, elegante, omogenea nei registri. L’aria “Sento avvampar nell’anima" riceve meritati applausi a scena aperta.

Sorprende anche Roberto de Candia, che di solito frequenta Rossini e Donizetti con ottimi risultati. Qui lo troviamo bravissimo nel tratteggiare un perfetto Paolo Albiani, squillante vocalmente e perfido scenicamente.

Ben delineato il resto del cast con Andrea Pellegrini (Pietro), Haiyang Guo (capitano dei Balestrieri) e Laura Lolita Perešivana (ancella di Amelia).

Tantissimi applausi per l'ultima recita in programma, con successo personale per Irina Lungu e Matteo Lippi. Autentica ovazione per Luca Salsi, quando è uscito a sipario chiuso per ricevere l'abbraccio ideale della sala.

Marco Sonaglia