Alla Monnaie la cupa Die Walküre di Romeo Castellucci

Curatissima la direzione del maestro Alain Altinoglu

Die Walküre (Foto Monika Rittershaus)
Die Walküre (Foto Monika Rittershaus)
Recensione
classica
Monnaie di Bruxelles
Die Walküre
21 Gennaio 2024 - 11 Febbraio 2024

Una magnifica esecuzione musicale di Die Walküre, giovani cantanti interessanti, una messa in scena che farà discutere con alcune ottime idee ma non del tutto riuscita. Non ci sono le valchirie in tutto il loro splendore, Romeo Castellucci ha  preferito enfatizzare il loro essere delle raccoglitrici di eroi morti sui campi di battaglia proponendole quindi grigie e tetre, intente ad ammassare cadaveri nudi. Ci sono i veri cavalli, come sin dall’inizio aveva anticipato il regista annunciando la sua versione del Ring di Wagner per il teatro della Monnaie di Bruxelles, ma non si è saputo ben gestirli, sono sullo sfondo e aggiungono poco alle scene, molto più efficaci e poetici gli accenni solo di zampe e zoccoli tutti bianchi del cavallo di Brunilde, fedele servitore che per pochi istanti sale sulla valchiria e in quell’immagine c’è tutto il peso dell’ubbidienza a cui lei si ribellerà accettandone tutte le tragiche conseguenze.

Un plauso invece per i bravi cani lupo che indirizzano il pensiero alla riflessione sugli istinti, sulla bestialità ed il selvaggio. Il finale è invece uno dei momenti più belli dell’allestimento, con la valchiria rinchiusa dentro un blocco di luce, dopo un’alternarsi di proposte visive alcune decisamente belle e cariche di senso, altre non sempre facili da comprendere od apprezzare, come il caso del frigorifero, che dovrebbe rimandare alla vendetta che si consuma fredda, che appare durante il duetto tra Siegmund e Sieglinde; oppure come il lenzuolo sporco di sangue dopo il rapporto incestuoso. Lasciano perplessi anche i riferimenti alla religione cattolica, c’è un richiamo alla pietà di Michelangelo e la spada della vittoria è appesa quasi come fosse un crocifisso. E pure lascia perplessi l’avere scelto il bianco come colore dominante per Fricka, la collerica moglie del dio Wotan, a volere così esprimere la sacralità del legame matrimoniale, o qualcosa del genere. Insomma, un allestimento senza dubbio con alcune idee interessanti, ma spesso non ben sviluppate e che svaniscono subito, e altre meno centrate, migliore del precedente Oro del Reno, malgrado qui nella Valchiria ci siano lunghi momenti lasciati da Castellucci senza che si veda nulla di nuovo che annoiano.

Invece la direzione di Alain Altinoglu è ottima in modo costante, dalla prima nota all’ultima, curatissima, esaltante, l’orchestra sinfonica della Monnaie rispondendo alla studiatissima interpretazione del suo direttore stabile in modo davvero impeccabile, tutti gli strumenti perfettamente ben bilanciati ed espressivi. Quanto agli interpreti, nessuno è memorabile, in generale sono giovani con  voci un po’ piccole,  con un po’ troppi vibrati, ma sufficiente per assicurare una prestazione accettabile. Il soprano svedese Ingela Brimberg  che interpreta Brünnhilde ha già cantato il ruolo diverse volte e la fa con sicurezza ma i suoi acuti non svettano potenti. Il tenore inglese Peter Wedd ha un bel timbro, giusto per interpretare Siegmund, la sorella Sieglinde è affidata invece all’ex mezzo, che oggi canta da soprano, Nadja Stefanoff, ed è buona la prova di entrambi.  Il baritono basso Gábor Bretz è un  Wotan che si vorrebbe più maturo, ma la sua prestazione cresce verso il finale, il contralto canadese Marie-Nicole Lemieux è pure una Fricka poco incisiva e non aiutata dal costume ad essere il giusto personaggio, un po’ ridicolo anche il suo seguito. Piacevole sorpresa invece le valchirie, malgrado il debutto nel ruolo di alcune di loro, riescono ad essere convincenti con bei momenti d’insieme, sono: Christel Loetzsch, Tineke Van Ingelgem, Karen Vermeiren, Iris Van Wijnenet, Lotte Verstaen, Polly Leech, Katie Lowe e Marie-Andrée Bouchard-Lesieur. Come abitudine di Castellucci, anche tanti figuranti e danzatori, che spesso sono solo un’aggiunta distraente. Lunghi applausi in piede alla fine della prima.

Se hai letto questa recensione, ti potrebbero interessare anche

classica

Non una sorta di bambino prodigio ma un direttore d’orchestra già maturo, che sa quello che vuole e come ottenerlo

classica

Nuova opera sul dramma dell’emigrazione

classica

Napoli: per il Maggio della Musica