L’Ape musicale

rivista di musica, arti, cultura

 

L’impermeabile di Euridice

di Giuseppe Guggino

Con la guida musicale di Gabriele Ferro ritorna al Teatro Massimo di Palermo Orfeo ed Euridice di Gluck in una riuscita realizzazione scenica affidata a Danilo Rubeca.

Palermo, 19 settembre 2023 - Penultimo appuntamento operistico di una stagione in crescita, questo Orfeo gluckiano sorprende in positivo per la capacità di mettere a sistema le risorse in uno spettacolo dall’impianto improntato alla massima semplicità eppure sempre denso di suggestioni. Merito in primo luogo del regista e coreografo Danilo Rubeca, esordiente o quasi nel teatro d’opera, che racconta l’azione purgata da ogni riferimento mitologico e calata in una quotidianità di un interno nel quale Orfeo elabora il lutto stringendo a sé l’impermeabile appartenuto alla sua amata. A parte un gigantesco albero sradicato sollevato a mezz’aria – unico elemento simbolico nelle essenziali scene di Domenico Franchi – lo spettacolo si dipana con semplicità in uno spazio neutro, popolato dalla coppia di protagonisti e dai numerosi doppi realizzati dal Corpo di ballo, preparato da Jean-Sébastien Colau, rifuggendo ogni possibile calo di tensione, pur nella successione dei tre atti senza soluzione di continuità. I costumi di Alessio Rosati prediligono l’abito nero per gli uomini e la tonalità turchese per le donne, analogamente il suggestivo disegno luci di Marco Giusti indugia sulle colorazioni pastello. In scena l’integrazione delle componenti è sempre ben dosata, così come la recitazione risulta curata non senza ricorrere ad espedienti di sicura efficacia, come ad esempio il rincorrersi di Orfeo ed Euridice camminando sul girevole in movimento, con l’effetto di risultare complessivamente immobili.

La coerenza della parte visiva funge da volano per una parte musicale non sempre ineccepibile a cominciare dall’Orchestra, imbrigliata in scelte agogiche piuttosto statiche, su cui Gabriele Ferro sembra voler giocare per contrasti di dinamiche, spesso senza cavare la necessaria trasparenza e precisione. Analogamente il Coro, istruito da Salvatore Punturo, si disimpegna su un orizzonte di sufficienza.

Come Orfeo si opta per la problematica vocalità di controtenore con un Filippo Mineccia molto ben versato nel personaggio, ancorché non sempre inappuntabile nell’intonazione, a cui bisogna comunque riconoscere la buona tenuta di insieme. Pienamente convincente è invece l’Euridice ben timbrata di Federica Guida, che si auspica di riascoltare in una parte di maggior impegno, al pari della ben educata voce di Nofar Yacobi, ancorché dall’esiguo peso specifico, Amore di affascinante presenza scenica che chiude simpaticamente l’opera pedalando in bicicletta.

Successo pieno e convinto, l’appuntamento adesso è al Don Giovanni mozartiano conclusivo della stagione, con l’attesa presenza di Riccardo Muti.


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