L’Ape musicale

rivista di musica, arti, cultura

 

E del suo scudo il suono

di Giuseppe Guggino

Grande successo di pubblico per il ritorno di Norma al Teatro Massimo nell’allestimento di Di Gangi e Giacomazzi di qualche anno fa. Marina Rebeka è attorniata da Maria Barakova, Dmitry Korchak e Riccardo Fassi, con un’ottima Orchestra infiammata da Lorenzo Passerini.

Palermo, 16 aprile 2023 - Il ritorno di Norma al Teatro Massimo di Palermo è nel segno degli stracci sdruciti e delle corde dell’allestimento di Luigi Di Gangi e Ugo Giacomazzi già visto nel 2017 e, prima ancora, allo Sferisterio di Macerata, con cui è coprodotto. A distanza di anni lo spettacolo dalla cifra povera, essenziale, si conferma di sicura suggestione, grazie all’unità di fondo a cui si ispirano le scene di Federica Parolini, i costumi di Daniela Cernigliaro e le luci di Luigi Biondi.

Completamente rinnovata rispetto al 2017 è invece la parte musicale, improntata a criteri diametralmente opposti, già a partire dalla scelta di un mezzosoprano per Adalgisa, in cui non sfigura l’ottima Maria Barakova, che si segnala per l’ampiezza, il volume e l’omogeneità su tutta la gamma, ancorché l’impegnativo duetto del secondo atto la solleciti in acuto al limite delle proprie possibilità. Le è degna rivale Marina Rebeka, che del personaggio di Norma ha fatto uno dei suoi cavalli di battaglia in tempi recenti; sebbene l’emissione possa far rispolverare i rilievi che si muovevano ad una belliniana di lungo corso quale Lucia Aliberti applicata alle parti di soprano drammatico e sebbene l’impostazione slaveggiante della dizione sia costantemente di nocumento all’intelligibilità del testo, il soprano lettone riesce comunque a trovare una sua personale quadra, risolvendo il personaggio se non già da “Sediziose voci” almeno a partire dal seguente cantabile “Casta diva”, affrontato nella tonalità originaria. La dizione slaveggiante affligge, ancorché marginalmente, anche il Pollione di Dmitry Korchak, che però risulta pienamente convincente nella realizzazione della scrittura baritenorile nonché nella giusta baldanza conferita al personaggio, pur con apprezzabile consapevolezza stilistica. Riccardo Fassi disegna un Oroveso meno ieratico dell’usato, ma non per questo meno plausibile, allineandosi allo standard alto della distribuzione, completata dall’ottima Clotilde di Elisabetta Zizzo e dall’esperienza di Massimiliano Chiarolla quale Flavio.

Scoperta ed al contempo elemento catalizzante della serata è la bacchetta del giovanissimo Lorenzo Passerini, che di Norma ha una visione barbarica, passionale, si direbbe quasi verdiana. Una lettura clamorosamente “sbagliata”, connotata da un’agogica costantemente febbrile – capace di mettere in difficoltà il Coro istruito da Salvatore Punturo –, nonché stilisticamente scriteriata negli equilibri interni fra le varie sezioni dell’Orchestra, eppure mai fraintendimento della scrittura belliniana fu pervaso da una così singolare, innegabile e teatralissima coerenza. L’Orchestra del Teatro Massimo sugli scudi, in una delle migliori serate degli ultimi anni, risponde con una valanga di bel suono “pari al fragor del tuono”, assecondando gli spunti di fraseggio e le sollecitazioni che giungono dal podio, quasi soggiogata dalla forte personalità che vi si irradia, di cui – siamo pronti a scommettere – torneremo a sentir parlare in futuro.


 

 

 
 
 

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