Torino: il Flauto magico secondo Kosky è un trionfo di teatro

Torna sul palcoscenico del Teatro Regio di Torino il Flauto Magico, singspiel in due atti di Wolfgang Amadeus Mozart in rinnovata veste. Grazie all’ingegnosa scelta del precedente direttore artistico Sebastian F. Schwarz (mentre si ammira la stagione corrente, le voci si rincorrono lungo il foyer in attesa della prossima stagione, prevedibilmente annunciata in maggio), viene proposto al pubblico torinese il brillante, incantevole e accattivante allestimento di Barrie Kosky, ideato e creato per la Komische Oper Berlin insieme al team “1927” di Suzanne Andrade e Paul Barritt (a Torino la ripresa è a cura di Tobias Ribitzki), dopo un tour attraverso i principali teatri d’Europa.

Colori, luci, proiezioni: un vortice di emozioni tengono gli spettatori  attaccati alla poltrona lungo tutta l’opera, entusiasmando, facendo ridere, facendo riflettere, facendo amare. Perché è in fondo di questo che ha bisogno il teatro: essere vivo, parlare alle persone, creando e stimolando emozioni, senza però tradire le dinamiche e le intenzioni che, in questo caso, portarono W. A. Mozart e E. Schikaneder a dare alla luce e alle scene Die Zauberlöte nel 1791 per il Theater auf der Wieden.

Proprio i due illustri creatori condensano dentro la composizione sé stessi e il tempo che vissero: usi e costumi popolari, fiabe e fantasia, massoneria, riti di iniziazione (pensiamo alle tre prove che devono essere superate da Tamino e Papageno), la poetica dell’amore puro e della fedeltà che si scontra col libertinaggio (o paura della solitudine?), l’eterno scontro tra bene e male (chi ha ragione e chi ha torto tra la Regina della Notte e Sarastro?). Tutto questo viene però riletto senza tradire, senza deformare, dando una nuova lettura al Flauto. Non mancano il flauto in veste di “fata madrina” e i campanelli quali rosse gonnelle danzanti, non mancano la guida delle tre dame e dei tre fanciulli, non manca l’euforia di Papageno, non manca la furia di Astrifiammante, non mancano i sacerdoti fedeli di Sarastro. Tutto però è visto come un film muto degli anni ’20, dove i dialoghi sono sostituito da brevi intertitoli accompagnati al fortepiano con composizioni dello stesso Mozart.

La struttura scenica è costituita da una parete su cui si sviluppano tutte le dinamiche dell’opera, con l’impiego di “balconcini” girevoli su cui si muovono e vengono mossi i protagonisti, con un susseguirsi di proiezioni cartoon, animali fantastici, richiami divini, bocche parlanti, elefanti rosa per un ubriaco Papageno: vi è tutta la fantasia del magico flauto!

Al continuo vorticare e dinamismo scenico deve corrispondere un altrettanto dinamismo musicale, che si riscontra nella sicura, brillante e sorridente direzione di Sesto Quatrini, direttore d’orchestra romano sempre più in ascesa sul palcoscenici e nelle buche d’orchestra europee. Il gesto è sicuro, l’attenzione a ciò che succede in scena e alle esigenze dei cantanti è elevata, l’affiatamento con l’Orchestra del Teatro Regio è palpabile: nonostante alcuni disturbanti squilli di telefono in sala, il suono orchestrale è bello, pulito, ricco di sfumature e di ricami prettamente mozartiani, a dimostrazione della versatilità dell’Orchestra nel continuo variare di repertorio e di guida. Altra grande versatilità la si trova nella prova del Coro del Teatro, preparato da Andrea Secchi, dimostrando la validità dei artisti che lo compongono e imponendosi per il colore bello, ricco e armonico, in piena sintonia con la linea orchestrale e le scelte registiche (il coro maschile dei sacerdoti di Sarastro diventa un gruppo di amish barbuti). In tutto ciò, si inserisce un cast di artisti e artiste di notevole livello, con piacevoli ritorni e nuove apprezzate voci, oltrechè la presenza di alcuni cantanti “in seno” alla fondazione lirica torinese, facenti parte del Regio Ensemble.

Gabriela Legun sostituisce in corsa l’indisposta Ekaterina Bakanova, regalando per la Prima di questo Flauto una Pamina innamorata, incantata e incantevole, che fugge alle continue persecuzioni, resiste, lotta, cede, si rialza, per giungere infine tra le braccia del suo amato Tamino. La voce della Legun corre per la sala, si dipana sorretta sempre dalla fiorente composizione mozartiana, risultando di bel colore e ottima proiezione, sempre attenta alle dinamiche della partitura e restituendo allo spettatore quella bella giovinezza amorosa che si confà al ruolo. Suo amato principe e cavalleresco liberatore è Tamino, il suadente tenore Joel Prieto, impegnato in una parte che richiederebbe forse una voce più leggera e dinamica, soprattutto nel registro acuto. Ciò non riduce l’interesse per una voce di colore incisivo, accattivante, ancora da scolpire appieno, che si unisce alla coinvolgente recitazione, frutto del gran lavoro svolto nelle settimane di preparazione e all’attenzione e ai continui dinamismi scenici.

Fido compagno di venture (o sventure) è Papageno, qui interpretato dal baritono Alessio Arduini, coinvolgente interprete e gran mattatore, si fa apprezzare sin dall’inizio per la trascinante goliardia richiesta dal ruolo (e dal regista): la voce è brunita, musicale, non manca di ritmo e di vitalità, ma forse un po’ troppo “cittadina” e poco agreste, come si dovrebbe al selvaggio Papageno. Chi brilla per voce e furore scenico è la Regina della Notte (Astrifiammante), il soprano Serena Sáenz, nelle vesti della protettiva madre di Pamina, qui raffigurata come vedova nera, che domina la scena smuovendo il suo volere con zampe ragnesche in continuo movimento. Non vi è acuto o sovracuto fuori posto e le due celebri arie dell’opera sono eseguite in maniera sublime, impeccabile e di notevole brillantezza, riscuotendo il giusto e dovuto successo in sala, avendo voce affilata e ottimamente proiettata.

Ritorna sul palco del Regio il basso In-Sung Sim, che di disimpegna nel ruolo di Sarastro, avendo attenzione della parola e della musica ma risultando poco incisivo nei momenti in cui sarebbe richiesta una più ricca gravità vocale. Si disimpegna, giungendo a sanare la solitudine e la ricerca d’amore di Papageno, la Papagena di Amélie Hois, parte del precedentemente citato Regio Ensemble, frizzante e leggera interprete amorosa, pronta a riempire di pargoli (e quanti pargoli erano proiettati!) la casa.

Altro artista di casa è il Monostatos di Thomas Cilluffo, manesco e divertente nel seguire gli ordini imposti dall’alto, ricevendone complimenti e condanne in contemporanea: la voce è leggera ma scorrevole e apprezzabile in un ruolo sì di contorno ma necessario nell’evoluzione degli eventi. Le due triadi che accompagnano le vicende sovracitati protagonisti si apprezzano per musicalità, intenzioni e interpretazioni: troviamo così le Tre Dame di Lucrezia DreiKsenia Chubunova e Margherita Sala, godibili e musicali, che si dividono tra i voleri della propria Regina e i compatimenti per le vicende d’amore dei venturosi Tamino, Pamina e Papageno. A loro si affiancano i tre fanciulli che guidano Tamino e Papageno verso e all’interno del palazzo di Sarastro: sono le tre voci bianche di Viola ContarteseAlice Gossa e Isabel Marta Sodano, che seguono con attenzione la guida del direttore nonostante le altezze a cui sono esposti in scena.

Completano il cast i due armigeri Rocco Lia e Enrico Peroni, vocalmente e scenicamente corretti.

Successo di pubblico e di presenze, con la speranza che la primavera in arrivo aiuti il Teatro Regio e Torino tutta a rifiorire, così come scenicamente fioriva sbocciante l’amore tra Tamino e Pamina. Un ricco susseguirsi di recite vede questa produzione impegnata fino al 14 aprile: spettacolo da non perdere!

Leonardo Crosetti
(31 marzo 2023)

La locandina

Direttore Sesto Quatrini
Regia Suzanne Andrade e Barrie Kosky
Regia ripresa da Tobias Ribitzki
Animazioni Paul Barrit
Ideazione «1927» (Suzanne Andrade e Paul Barrit) e Barry Kosky
Scene e costumi Esther Bialas
Personaggi e interpreti:
Pamina Gabriela Legun
Tamino Joel Prieto
Papageno Alessio Arduini
Regina della Notte Serena Sáenz
Sarastro, Oratore e Una voce In-Sung Sim
Una vecchia (Papagena) Amélie Hois
Prima dama Lucrezia Drei
Seconda dama Ksenia Chubunova
Terza dama Margherita Sala
Monostatos Thomas Cilluffo
Primo armigero Enzo Peroni
Secondo armigero Rocco Lia
Primo fanciullo Viola Contartese
Secondo Fanciullo Alice Gossa
Terzo fanciullo Isabel Marta Sodano
Orchestra e Coro Teatro Regio Torino
Solisti del Coro di voci bianche Teatro Regio Torino
Maestro del coro Andrea Secchi

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