Spettacoli

Aida – Teatro Regio, Torino

Silvia Beltrami come Amneris

Secondo titolo in cartellone per il Teatro Regio di Torino è Aida di Giuseppe Verdi con una ripresa del fortunato allestimento del premio Oscar William Friedkin da parte di Riccardo Fracchia. Fortunato e riuscito: la messa in scena è suggestiva e maestosa, Carlo Diappi porta in scena statue e colonne davvero imponenti, le sagome animate di Michael Curry impreziosiscono il tutto e non mancano nei momenti più intimi ambienti più raccolti, come le stanze di Amneris del secondo atto. Splendide le danze coreografate da Anna Maria Bruzzese. Dal punto di vista della lettura dei personaggi, così come per l’estetica, la tradizione è il faro guida dell’allestimento ma la competenza attoriale del cast consente una resa sufficientemente vivida dei caratteri. Soddisfacente il lato musicale dello spettacolo. Michele Gamba guida con sicurezza le sempre eccellenti masse artistiche del Regio e non indugia eccessivamente sugli elementi più monumentali della partitura. Nel complesso la resa è di buon livello ma manca di afflato lirico e sembra un pò sbiadita.

Movimentata da diversi cambi, così come la prima del giorno precedente, la compagnia di canto della seconda recita risulta comunque di valore. Nel ruolo del titolo a sostituire la prevista Erika Grimaldi, intervenuta a sua volta a sostituire la collega Angela Meade per la prima rappresentazione, è Anna Nechaeva. Il soprano possiede uno strumento dalle sonorità metalliche capace di filati notevolissimi, messe di voce su cui tiene un ferreo controllo e apprezzabile omogeneità tra i vari registri. La sua Aida è forte, orgogliosa e nel dolore sempre regalmente dignitosa. Particolarmente suggestiva è la scena del terzo atto “O cieli azzurri” ma l’intera interpretazione è notevolissima. Al suo fianco il Radamès di Stefano La Colla, già ascoltato e apprezzato nel ruolo nell’esecuzione all’interno della rassegna Regio Metropolitano all’auditorium Giovanni Agnelli del Lingotto nel novembre 2021 e purtroppo reduce da un’indisposizione. La partenza, ovviamente con “Celeste Aida”, non è delle migliori ma fortunatamente il resto dell’esecuzione è in crescendo. Riescono particolarmente bene il duetto del terzo atto e la scena finale.

Erika Grimaldi, Stefano La Colla, Silvia Beltrami

Significativa la prova di Anastasia Boldyreva nel ruolo di Amneris. Il mezzosoprano aveva avuto occasione di farsi conoscere dal pubblico torinese già con Cavalleria Rusticana durante il secondo Regio Opera Festival nel ruolo di Santuzza e conferma le qualità già apprezzate allora: la voce è ampia, sonora e dal piacevolissimo timbro, l’emissione morbida ed il fraseggio ben curato. Calorosi e meritatissimi applausi salutano la grande scena del giudizio del quarto atto.
Impressiona positivamente anche il tonante Amonasro di Gevorg Hakobyan. Il baritono è in possesso di uno strumento dal volume sorprendente ed è un credibile agguerrito condottiero. Similmente efficaci il Ramfis di Evgeny Stavinsky, il pregevolissimo Re di Marko Mimica ed il messaggero di Thomas Cilluffo. Purtroppo costretta dietro le quinte ma è eccellente anche la sacerdotessa di Irina Bogdanova. Applausi convinti per tutti salutano un bellissimo spettacolo.

Margherita Panarelli

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5 marzo 2023

Una scena dal secondo atto

“Torino è la città più profonda, più enigmatica, più inquietante, non d’Italia ma del mondo” così diceva Giorgio De Chirico e parte di questo fascino esoterico è probabilmente dovuto al legame della città con il mondo egizio grazie al suo bellissimo museo, uno dei più antichi d’Italia, le cui collezioni risalgono già alla fine del Settecento. Sarà forse retorico e scontato ma assistere ad Aida proprio a Torino assume, ogni volta, un fascino ed un senso del tutto particolare. In una sala gremitissima assistiamo all’allestimento già visto nel 2005 e firmato per la regia da William Friedkin (qui ripresa da Riccardo Fracchia). Friedkin, che ricordiamo ha vinto un Oscar come migliore regista per il film del 1972, “Il braccio violento della legge”, propone una lettura assolutamente fedele al libretto di Antonio Ghislanzoni. In una scena (a cura di Carlo Diappi) che sicuramente cede qualcosa ad un certo mastodonticismo holliwoodiano, il regista americano sa anche seguire i movimenti dei singoli oltre ad impostare in modo convincente le masse. Una Aida colossal che riesce, però, a non apparire mai strabordante ed è sempre piacevole, soprattutto per la scelta di una dimensione notturna e visivamente silenziosa a dispetto della magniloquenza della musica. Adeguati nel loro stile egizio i costumi, ben curati da Carlo Dappi, sempre gradevoli le coreografie di Anna Maria Bruzzese. Semplicemente perfette le luci di Andrea Anfossi. Uno spettacolo che, rispetto al 2005, ha avuto una leggera ripulitura (mancano le acrobate in scena ad esempio) e che trae da questo alleggerimento una migliore sintonia con l’attuale gusto estetico.

Convincente il versante musicale dello spettacolo, con alcune particolari note di merito.
Nei panni della protagonista troviamo Angela Meade, che torna nella produzione dopo aver mancato, causa indisposizione, l’appuntamento con la prima. Basterebbe la frase di ingresso in primo atto per cogliere, anche in questa occasione, l’opulenza di un mezzo importante per proiezione e volume. Nel corso della serata, poi, ben si ravvisano tutte le peculiarità della vocalità del celebre soprano americano: centri corposi, acuti poderosi, gravi naturali e ben appoggiati. Un fluire ininterrotto ed instancabile di suono, mai scalfito, neppure per un attimo, da stanchezza o debolezza. Si rimane colpiti, inoltre, dalla capacità della Meade di realizzare, specialmente nel terzo e quarto atto, riuscitissime smorzature che terminano in pianissimi impalpabili ma sempre sonori e ben appoggiati. Alla bravura esecutiva si aggiungono, infine, una ragguardevole chiarezza nella pronuncia e nella dizione. Anche l’interprete è ben tratteggiata, pur con una gamma contenuta di sfumature.

Silvia Beltrami è una Amneris che lascia il segno. Il mezzosoprano sfoggia una vocalità dal suggestivo colore brunito e vellutato che si mostra ideale per incarnare la passionalità della figlia dei faraoni. L’impervia scrittura viene affrontata con morbidezza e musicalità, esibendo un pregevole controllo del canto sul fiato e una ragguardevole compattezza tra i registri. Beltrami riesce a dosare ottimamente le forze durante la recita sino ad arrivare al quarto atto e, in particolare, alla complessa scena del confronto con Radames, prima, e con i sacerdoti, poi, dove mostra il giusto connubio tra intelligenza esecutiva e slancio interpretativo. Alla costruzione del personaggio concorre, inoltre, un fraseggio sfumato, naturale e composto; un approccio efficace che mostra un evidente segno di continuità con il repertorio belcantista frequentato soprattutto nei primi anni di carriera del mezzosoprano bolognese.

Stefano La Colla, con il suo timbro squisitamente lirico, ben trasmette l’ardore passionale (e l’ambizione) di Radames. Il tenore esibisce una vocalità caratterizzata da buon volume, particolarmente gradevole nei centri e nella prima regione acuta. Se nell’aria inziale si ravvisano poche sfumature, nel corso della serata La Colla si rende protagonista di una prova in crescendo che culmina nella efficace esecuzione di terzo e quarto atto. Apprezzabile l’interprete, adeguatamente coinvolto e scenicamente partecipe.

L’Amonasro di Gevorg Hakobyan si impone per vocalità ampia e penetrante. Se colore e timbro ben si addicono al re etiope, un canto maggiormente sfumato avrebbe senza dubbio giovato nel delineare il personaggio sotto più ampio spettro e, in particolare, nel suo rapporto con la figlia Aida. Rileva, ad ogni buon conto, l’efficace la presenza scenica.

Note positive per Evgeny Stavinsky, un Ramfis vocalmente pregevole, in virtù di un mezzo dotato di ottima musicalità e dal suggestivo colore notturno, e scenicamente incisivo.

Sugli scudi Marko Mimica che, con vocalità rigogliosa per ricchezza di armonici, si mostra fin sacrificato nella breve, pur significativa parte del Re. Adeguatamente regale la presenza scenica.

Efficace il messaggero di Thomas Cilluffo.

Spicca per intonazione la sacerdotessa di Irina Bogdanova proveniente, come il già citato Cilluffo, dalle file degli Artisti del Regio Ensemble.

La concertazione del versante musicale è affidata al giovane Maestro Michele Gamba, direttore tra i più in vista della sua generazione. Una lettura accurata e meticolosa della partitura, che evidenzia uno studio approfondito del dettato verdiano, testimoniato, per altro, dalla ricerca e dal mantenimento di un costante equilibrio dinamico e sonoro tra le diverse sezioni orchestrali. Una direzione che si muove nell’alveo di una pregevole correttezza, ma che latita di mordente ed incisività tanto nelle scene corali, che difettano forse di una maggiore solennità, quanto in quelle più intime, che richiederebbero un più profondo abbandono.

In ottima forma l’Orchestra del Teatro Regio, protagonista di una prova che risalta per politezza e brillantezza sonora.

Encomiabili, per intensità e compattezza, gli interventi del Coro del Teatro Regio di Torino, guidati con solida professionalità dal Maestro Andrea Sacchi.

Successo fragoroso al termine per tutti gli interpreti da parte di una sala sold out.

Marco Faverzani | Giorgio Panigati

AIDA

Opera in quattro atti

Musica di Giuseppe Verdi

Libretto di Antonio Ghislanzoni

Personaggi e interpreti

Aida Anna NechaevaAngela Meade (05.03)
Radamès Stefano La Colla
Amneris Anastasia BoldyrevaSilvia Beltrami (05.03)
Amonasro Gevorg Hakobyan
Ramfis Evgeny Stavisnky
Il re Marko Mimica
Un messaggero Thomas Cilluffo
Una sacerdotessa Irina Bogdanova

Michele Gamba direttore d’orchestra

William Friedkin regia

Riccardo Fracchia ripresa della regia

Carlo Diappi scene e costumi

Anna Maria Bruzzese coreografia

Andrea Anfossi luci

Michael Curry sagome animate

Andrea Secchi maestro del coro

Orchestra e Coro Teatro Regio Torino

Allestimento Teatro Regio Torino

Foto Andrea Macchia cortesia del Teatro Regio