Torino: le marionette di Don Giovanni

Chi è Don Giovanni? Chi sarebbe senza le donne? E le donne, chi sarebbero senza Don Giovanni? E gli altri? Molte sono le domande che si affollano quando ci si approccia alla figura del dissoluto punito, che tra le varie versioni teatrali e musicali si afferma nella composizione KV 527 di Wolfgang Amadeus Mozart, su libretto di Lorenzo Da Ponte. Composizione che torna al Teatro Regio di Torino dopo 4 anni, in un nuovo allestimento in coproduzione col Teatro Massimo di Palermo che vede Riccardo Muti sul podio, per il secondo anno consecutivo al Regio dopo il Così fan tutte della passata stagione, e la figlia Chiara Muti alla regia.

Teatro tirato a lucido per la riapertura autunnale, dopo la stagione estiva nel cortile del Palazzo dell’Arsenale e i lavori interni al teatro per migliorie al palcoscenico, che vede la stagione 2022 avviarsi alla conclusione e con essa il periodo artistico di Sebastian F. Schwarz a Torino.

Tornando alle domande che ci si poneva poco sopra, vien da pensare che siano le stesse che si è posta la regista Chiara Muti (affiancata dal team creativo che vede le scene di Alessandro Camera, i costumi di Tommaso Lagattolla e le luci di Vincent Longuemare), evidenziando come siano tutti marionette in cerca di un ruolo, uno scopo, un’identità: uomini e donne che rincorrono Don Giovanni per scacciarlo, condannarlo o, forse, trarne essenza. Il contesto scenico in cui veniamo immersi è tenebroso, fosco, con la facciata di un nobile palazzo in decadenza le cui porte e finestre fungono da botole, in un susseguirsi di uscite ed entrate, inframmezzate dai fumi infernali che a più riprese invadono l’ambiente. Ed è così che tra toni cupi e tormentosi, vediamo le donne di Don Giovanni in tutte le loro età, sembianze e costumi: donne che diventano spiriti e spiriti che diventano donne. L’eternità del mito di Don Giovanni è contraddistinta dai costumi (si apprezza l’ottimo lavoro di Tommaso Lagattola) delle donne che lui va seducendo: pieno ‘700 francese per Donna Anna, fine ‘800 di per Donna Elvira e un bamboleggiante metà ‘900 per Zerlina.

Epoche, usi e costumi che vedono però sempre lo scontro tra il libero arbitrio e la morale, dove il “viva la liberà” cantato dagli invitati alla festa attorno ad un Don Giovanni che si autoincorona come Luigi XIV, andrà naufragando fino a quel finale drammatico che vedrà il freddo e pietrificante Commendatore trascinare il libertino non pentito tra le fiamme infernali con l’aiuto di quei dodici spiriti femminili, finalmente vendicati. Il fugato finale “Questo è il fin di chi fa mal”, chiude il dramma giocoso che vide la luce a Praga nel 1787, dove i protagonisti tornano ad essere involucri vuoti e senz’anima, marionette in attesa che qualcuno (o qualcosa), ne muova i fili dando senso e vita ad un’esistenza assente.

Riccardo Muti torna a dirigere Orchestra e Coro del Teatro Regio dopo la sua prima volta, lo scorso anno, sempre con un titolo mozartiano: la conoscenza della partitura e il legame indissolubile con Mozart emergono, senza lasciare nulla al caso e facendo apprezzare anche il più piccolo dettaglio. Il controllo assoluto di buca e palcoscenico è chiaro sin dalle prime note dell’Ouverture, in un continuo crescendo dove il direttore dipana l’orchestrazione in totale sintonia con i cantanti e con l’azione scenica, regalando al pubblico in sala il Don Giovanni così come dev’essere. Rispetto alla giovinezza e all’impeto di un tempo, oggi Muti ci regala un Don Giovanni riflessivo, ricco di colori e sfumature, leggiadro ma pienamente armonioso. Puntuali e precisi sono gli interventi del Coro, preparato da Andrea Secchi, in buca accanto al Commendatore e all’Orchestra, che prontamente risponde agli stimoli e al gesto di Muti, restituendo un suono bellissimo, pulito e drammaticamente giocoso. Al fortepiano, troviamo ad accompagnare ottimamente i recitativi Alessandro Benigni.

Luca Micheletti, baritono di ormai affermate qualità vocali e sceniche, si impone quale Don Giovanni avendone il fascino ed evidenziandone il disprezzo di ogni forma consolidata di civile convivenza che la vita di ieri e di oggi impongono alla società. La voce bella e corposa si piega a colori e sfumature in piena sintonia con il direttore, correndo per tutta la sala, in un crescendo performante che lo porta al termine della recita a ricevere giuste e meritate ovazioni. Al suo fianco vi è il fido (ma non troppo) Leporello, qui interpretato dal baritono Alessandro Luongo. La prassi vorrebbe una più netta differenziazione vocale tra Don Giovanni e Leporello quali basso e baritono o viceversa: nel nostro caso, la prorompente voce di Luongo si distingue per l’essere più chiara, con particolare evidenza nei duetti e nelle parti a più voci.

Il terzo baritono in scena è il giovane Masetto, il croato Leon Košavić, che con fare irruento esprime al meglio i sentimenti di amante a cui è sottratta la promessa sposa Zerlina: vi sono la partecipazione scenica e una voce di notevole colore e potenza. Riccardo Zanellato torna al Regio nei panni del Commendatore: la bella voce di basso emerge dalla profondità della buca d’orchestra, evidenziando il sopraggiungere di voce e intenzioni dall’Oltretomba, mentre sullo sfondo della scena va a stagliarsi alta e scura l’ombra di quella statua che porterà Don Giovanni negli Inferi. Circondato da voci gravi, il tenore Giovanni Sala si distingue per l’eleganza e la bravura, in particolare nelle due arie che Mozart ricama per Don Ottavio: l’intesa totale con Muti lo porta a regalare alla regia sala una meravigliosa “Dalla sua pace”, con un leggiadro manto orchestrale ad accompagnare la ripresa dell’aria. Passando alle voce femminili, dando la precedenza per ordine di apparizione, la Donna Anna di Jacquelyn Wagner si apprezza per intenzioni e presenza scenica, meno per la resa vocale che, se da un lato la vede risolvere bene i passaggi più impervi del ruolo, patisce una voce in alcuni punti aspra e trattenuta. Si conferma artista di livello

Mariangela Sicilia, qui nei panni di una ferita e quasi nevrotica Donna Elvira. La voce ampia e di bel colore si piega al volere dell’interprete, restituendoci emozioni, sensazioni e vibrazioni di una donna innamorata, con molte ferite dentro di sè, facendo apprezzare le qualità artistiche del soprano sia nei momenti solistici che nelle parti d’insieme. La giovane Zerlina, compagna e sposa di Masetto, è il mezzosoprano Francesca Di Sauro, che torna al Regio in collaborazione con Muti dopo il Così Fan Tutte dello scorso anno. Emergono la freschezza e la malizia nell’interpretazione e nella voce, che pecca in alcuni punti di intonazione, senza però inficiare le resa complessiva.

Successo di presenze con una sala stracolma in ogni ordine di posto, sia in platea che nei palchi, che ha visto il pubblico sabaudo (e non solo) del Teatro Regio lasciarsi andare in ricchi applausi durante il corso della recita per concludersi con vere e proprie ovazioni (si sono contati circa 10 minuti di applausi), vedendo trionfare in particolare Luca Micheletti e Riccardo Muti. In ogni angolo del teatro si percepiva la voglia e l’intenzione di tornare ai fasti di un tempo, dopo annate burrascose: si incrociano le dita!

Leonardo Crosetti
(18 novembre 2022)

La locandina

Direttore Riccardo Muti
Regia Chiara Muti
Scene Alessandro Camera
Costumi Tommaso Lagattolla
Luci Vincent Longuemare
Personaggi e interpreti:
Don Giovanni Luca Micheletti
Donna Anna Jacquelyn Wagner
Donna Elvira Mariangela Sicilia
Don Ottavio Giovanni Sala
Leporello Alessandro Luongo
Zerlina Francesca Di Sauro
Masetto Leon Košavić
Il Commendatore Riccardo Zanellato
Orchestra e Coro Teatro Regio Torino
Maestro del coro Andrea Secchi
Fortepiano Alessandro Benigni

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