«Aida» e il capitalismo: una lettura politica che funziona

di Enrico Girardi

L’opera di Giuseppe Verdi, nella versione diretta dalla regista argentina Valentina Carrasco, ha aperto la stagione del centenario del Macerata Opera Festival

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Il colonialismo, la dominazione ottomana, l’avvento del capitalismo industrializzato, la schiavitù degli emarginati: detta così, la vicenda di Egizi ed Etiopi nell’Aida di Valentina Carrasco per il Macerata Opera Festival sembra un pasticcio barocco. Invece è lettura lucida, rigorosamente politica, nella quale i conti tornano come in una precisa geometria, di cui resta immagine iconica il trionfo di pozzi petroliferi e oleodotti che dà forma alla scena. Non piramidi, ma dune tetre e inospitali richiamano il luogo.

Come sempre, quando una chiave di lettura domina, altri aspetti sono ridimensionati. Si sente mancare il lusso sfarzoso della corte egizia e il gioco delle seduzioni, il fascino dei cui effetti sono moltiplicati quando l’azione è incorniciata in un quadro di esotismo immaginario. Ma, 100 anni dopo l’Aida che avviò la tradizione operistica allo Sferisterio, questo resta spettacolo intelligente, di notevole qualità. Lo si deve anche al lavoro di Francesco Lanzillotta, che avrebbe bisogno di più leggii e meno plexiglass per ottenere un risultato ideale, ma restituisce molta parte dei ceselli che rendono preziosa la musica di questo Verdi. Maria Teresa Leva, Luciano Ganci e Veronica Simeoni sono punte di diamante di un cast non indimenticabile ma di livello decisamente pregevole. Arena al 50% della capienza. Molti applausi.

25 luglio 2021 (modifica il 25 luglio 2021 | 07:14)