Torre del Lago,67° Festival Puccini 2021: “Tosca”

Torre del Lago (LU), Gran Teatro “Giacomo Puccini”, LXVII Festival Puccini
“TOSCA”
Melodramma in tre atti su libretto di Giovanni Giacosa e Luigi Illica, dal dramma omonimo di Victorien Sardou
Musica di Giacomo Puccini

Floria Tosca HIROMI OMURA
Mario Cavaradossi VINCENZO COSTANZO
Il barone Scarpia FRANCO VASSALLO
Cesare Angelotti CHRISTIAN FEDERICI
Il sagrestano GIANNI LUCA GIUGA
Spoletta NICOLA PAMIO
Sciarrone MICHELANGELO FERRO
Un carceriere FRANCESCO FACINI
Un pastorello GAIA NICOLAI
Orchestra, Coro e Coro delle Voci Bianche del Festival Puccini
Direttore Alberto Veronesi
Maestro del Coro Roberto Ardigò
Maestro del Coro delle Voci Bianche Viviana Apicella
Regia Stefania Sandrelli
Scene e Costumi Andrea Tocchio
Luci Valerio Alfieri
Nuovo Allestimento Fondazione Festival Puccini
Torre del Lago, 23 luglio 2021
Sebbene sia stato l’unico festival europeo a produrre opera on stage anche in pieno 2020, questa edizione del Festival Puccini ha senz’altro il sapore di un ritorno: il ritorno della kermesse prima di tutto – con le cerimonie dei Premi Puccini – ma anche della qualità musicale – la direzione di John Axelrod della “Turandot” col finale di Berio – e di quel singolare mix fra sacro e profano che spesso il festival ha proposto – la presenza di Stefania Sandrelli in qualità di regista. E proprio alla “Tosca” affidata alla celebre attrice italiana spetta il compito di aprire la rassegna operistica. Bisogna ammettere che, per quanto coadiuvata da molti bravi professionisti, la signora Sandrelli non sembra a proprio agio con la regia musicale: si è detto tante volte quanto “Tosca” sia un’opera difficile da portare in scena, ma contemporaneamente come sia estremamente semplice seguire il precisissimo libretto di Giacosa e Illica e la puntuale partitura di Puccini. Purtroppo Stefania Sandrelli non sembra avere un’idea forte, né desidera seguire ciò che è scritto: emerge una “Tosca” contro la violenza sulle donne – qualunque cosa questo voglia dire, soprattutto considerato che non si tratta di Desdemona o Gilda, ma di un’assassina – con tanto di vestito fucsia (come il fiocco rosa che si appunta per dimostrare solidarietà contro i femminicidi) e terzo atto invaso di scarpe rosse (simbolo delle associazioni antiviolenza). Tutto molto importante, ma non sembra avere un vero legame con Tosca. L’altra idea portata in scena è quella di Scarpia e i suoi come vampiri: il pasto del secondo atto è una montagna di carne palpitante da cui il perfido Barone spreme con le sue stesse mani il sangue e lo beve. E d’accordo che Scarpia si nutre della paura e della rabbia di Tosca, ma purtroppo tutto questo trionfo di cerone, bistro agli occhi, mantelli neri e labbra livide scivola nel  grottesco. Peccato, perché le scene di Andrea Tocchio funzionano – suggestiva la mappa di Roma che domina lo studio di Scarpia -, così come le luci di Valerio Alfieri, che richiamano i noir degli anni ‘40; si ha, invece, qualche riserva sui costumi, sempre a firma di Tocchio: un sagrestano medievale accanto a Cavaradossi e Tosca stile impero e uno Scarpia settecentesco. Mah!…. E pure la parte musicale convince poco, a partire dalla direzione di Alberto Veronesi, disomogenea e poco partecipe della scena – appare sconnessa nei tempi, soprattutto nelle arie (in particolare in “Recondita armonia” e “Vissi d’arte”), con tempi eccessivamente allargati. I cantanti sono tutti accomunati dal vezzo “verista” del caricare espressivamente il ruolo: la tendenza a “urlare” a danno del fraseggio e la gestualità spesso esasperata. Se si supera questo problema di fondo, allora si può riconoscere a Vincenzo Costanzo (Cavaradossi) una bella freschezza nella linea di canto, che mette ben in luce sia i centri scuri, scolpiti, e gli acuti sonori; a Hiromi Omura (Tosca) una indiscutibile facilità agli acuti, sebbene di colore un po’ metallico; allo Scarpia di Franco Vassallo  voce ben sostenuta e un fraseggio curato, tutto orientato a mettere in luce gli aspetti più sottilmente perfidi del personaggio. Buona per proiezione e timbro l’interpretazione di Sciarrone (Michelangelo Ferri), e ben a fuoco per intonazione e chiarezza dell’emissione anche l’Angelotti di Christian Federici, mentre non indimenticabili Nicola Pamio e Gianni Luca Giuga nei ruoli di Spoletta e del Sagrestano. Piacevole il pastorello di Gaia Niccolai. Resa alterna anche per la compagine corale. Peccato, ma può sempre essersi trattato di “emozione da prima”. Confidiamo nelle repliche del 6 e del 13 agosto.